Marò, l’italiana Sonia Gandhi accusa: “Ridateci i marò”. Interviene anche Ue

Pubblicato il 20 Marzo 2013 - 12:02| Aggiornato il 23 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

NEW DELHI – Nel braccio di ferro tra Italia e India sul caso dei marò e dell’immunità, negata dalla Corte Suprema di New Delhi, all’ambasciatore Daniele Mancini, scendono in campo anche Sonia Gandhi e l’Unione Europea. Dopo le titubanze dei giorni scorsi, l’Alto rappresentante della politica estera comunitaria Catherine Ashton si è detta ”preoccupata” per le limitazioni imposte ai movimenti del diplomatico italiano, esortando al ”rispetto” della Convenzione di Vienna. Nello stesso giorno la presidente del Partito del Congresso indiano al potere, l’italiana Sonia Gandhi, rompendo il riserbo mantenuto finora, ha commentato lo ”strappo” italiano in un incontro con parlamentari del suo partito: ”L’atteggiamento di sfida del governo di Roma sulla questione dei due marò – ha tuonato – e il suo tradimento di un impegno con la nostra Corte Suprema  sono completamente inaccettabili”.

”Si faccia tutto quello che è nelle nostre possibilità per riportarli indietro”, ha esortato la vedova dell’ex premier indiano, non senza prima ammonire: ”Nessuno pensi di sottovalutare l’India”.

La decisione di rompere il silenzio da parte di Sonia Gandhi, rischia di riaprire una ferita profonda tra l’italiana che ha “rinnegato” più volte l’Italia e quel paese che ha sottratto i suoi marò alla giurisdizione indiana con l’inganno. L’intervento di Sonia Gandhi però si scontra con il suo stesso nome, quel nome che porta le origini italiane e che è stato spesso al centro di polemiche soprattutto da parte dell’opposizione, che ha accusato più volte il Partito del Congresso di favoritismi nei confronti dei connazionali, proprio in virtù delle origini italiane di Sonia.

Quella dei marò è vissuta in India come una vera e propria “beffa” che ha scosso fortemente il mondo politico e i media dopo che, i fucilieri autorizzati a recarsi in permesso in Italia, ci sono restati per volere del governo italiano. La ferita costituita dalla ”fuga” di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone appare profonda, come hanno dimostrato oggi certi titoli di quotidiani (‘Una arrogante Italia’, ha scritto il Mail Today) e soprattutto le parole di Sonia Gandhi. New Delhi continua ad insistere sul principio dell‘offesa alla Corte da parte dell’Italia, mettendo in secondo piano la violazione della Convenzione di Vienna sull’immunità diplomatica contenuta nelle ordinanze di Kabir. La stizza per l’affronto subito si è tradotta in misure nei confronti dell’ambasciatore italiano che quasi non hanno precedenti nei rapporti internazionali fra Paesi.

In una recente intervista alla tv Cnn-Ibn, il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, ha detto che ”l’India rispetta pienamente la Convenzione di Vienna” sull’immunità dei diplomatici. Ma l’intervento della Ashton avverte:  ”La Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche è la pietra angolare dell’ordine legale internazionale e deve essere rispettata in ogni momento”, lasciando intuire che al riguardo permangono delle importanti perplessità. Poi ha ammonito:  ”Qualsiasi limitazione alla libertà di movimento dell’ambasciatore d’Italia in India sarebbe contraria agli obblighi internazionali previsti da tale Convenzione”. La stessa Ashton aveva lasciato capire giorni fa che ”India e Italia stanno discutendo”, un’indiscrezione che però alla luce dei fatti non sembra per il momento aver dato frutti. E ciò mentre si avvicina a grandi passi il 22 marzo, giorno in cui, in assenza di un ritorno di Latorre e Girone, l’India sancirà definitivamente che il non rispetto dei patti contenuti nella dichiarazione giurata è stato effettivamente consumato.