Migranti: Osman Matammud, il torturatore somalo, condannato all’ergastolo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Ottobre 2017 - 19:12 OLTRE 6 MESI FA
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Osman Matammud, il torturatore somalo

MILANO – “Mi ha legato mani e piedi e lasciato in balia di un cane affamato che mi ha morso”. Questo è uno dei racconti di alcuni dei giovani somali, ora tra i 19 e 20 anni, vittime di Osman Matammud, detto Ismail, il loro connazionale di solo un paio di anni più grande condannato oggi, 10 ottobre, a Milano all’ergastolo per le violenze, le torture e gli omicidi nel campo profughi in Libia di Bani Walid.

I ragazzi, parti civili al processo, fuori dall’aula dove è stato letto il dispositivo della sentenza hanno chiesto di non essere ripresi o fotografati. Ma, tramite una interprete donna che è stata al loro fianco, passo a passo, durante le fasi più delicate del dibattimento, hanno accettato di parlare anche se, come ha premesso uno, nel campo lager vicino Tripoli “sono successe tante cose che ora non posso dire in due minuti”.

Con un gran sorriso, non ha nascosto, dopo il verdetto del carcere a vita per Ismail, di sentirsi “bene” e di essere “felice per avere ricevuto giustizia” dall’Italia. Ma a ringraziare sono tutti loro perché adesso non hanno più nulla da temere: non più mesi e mesi in attesa di quel barcone verso la libertà per oltre 7 mila dollari, non più quegli orrori che hanno subito o a cui hanno assistito. “Abbiamo visto le ragazze portartate via per violentarle – hanno ricordato -, le colate di plastica bollente sulla pelle e tante botte”.

Ma perché queste atrocità? “La base di tutto sono stati i soldi – è intervento un altro -. Volevano i soldi in fretta. Facevano queste cose per ottenere dalle famiglie il denaro velocemente”. “Io – ha tenuto a dire uno dei giovani – sono la prima persona che l’ha fermato. Ismail mi ha scongiurato di non andare dalla polizia dicendomi ‘ti do tutto quello che vuoi’. Io invece gli ho risposto che dovevamo essere separati, uno da una parte e uno dall’altra, in Tribunale e l’ho portato dalla polizia” Rifareste quel viaggio? “Non riesco nemmeno a parlarne, figurarsi…”. “Never”, ha aggiunto un amico. Dopo essere fuggiti dalla Somalia “con tanta difficoltà” perché per loro il problema principale era “la sicurezza” e dopo tutte queste sofferenze, il sogno: “Vivere in Italia per migliorare la nostra vita” e trovare un lavoro.

La Corte d’Assise di Milano ha inoltre stabilito, nel caso l’uomo usufruisse di sconti di pena, che Osman Matammud venga espulso una volta espiata la condanna. I giudici hanno riqualificato alcuni reati di cui era accusato il giovane da omicidio volontario a sequestro di persona aggravato dall’ omicidio, in quanto quattro morti sarebbero state conseguenza delle violenze da lui perpetrate ai danni delle persone sequestrate nel campo libico.

La Corte d’Assise ha anche stabilito risarcimenti provvisionali da 100 mila euro per otto presunte vittime che si sono costituite parti civili nel processo, 50 mila euro di provvisionale per un’altra vittima e diecimila euro per l’associazione Asgi (Associazione studi giuridici sull’ immigrazione). Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 60 giorni. Secondo le indagini, coordinate dal pm Marcello Tatangelo, che aveva chiesto la condanna all’ergastolo, il giovane somalo sarebbe stato uno dei capi di Bani Whalid, un campo nei pressi della capitale Tripoli, dove avrebbe perpetrato violenze sessuali, omicidi e torture nei confronti di decine di persone rimaste sotto sequestro fino a quando non avessero ottenuto il denaro con cui pagare il viaggio verso l’Europa. Secondo il pm, Matammud era “un sadico, uno che si diverte a torturare e a uccidere. Ha solo 22 anni – ha aggiunto – e si è sentito onnipotente ad avere nelle sue mani la vita di centinaia di persone”.

Diversa la ricostruzione del difensore, secondo cui il giovane “non era uno dei capi del campo di Bani Whalid, ma un migrante che ha viaggiato con altri migranti”. Ad indicarlo come uno dei torturatori erano stati alcuni suoi connazionali (due ragazzine, in particolare) che lo avevano riconosciuto in stazione Centrale. E a seguito delle indagini l’uomo, già fermato nel settembre 2016, aveva ricevuto in carcere lo scorso gennaio un’ordinanza con le pesanti accuse e poi più di una decina di vittime avevano confermato i loro racconti dell’orrore in incidente probatorio.