Mosca: “Inaccettabile la repressione dei giornalisti in Egitto”. E la Politkovskaya, la Estemyrova?

Pubblicato il 4 Febbraio 2011 - 10:42 OLTRE 6 MESI FA

MOSCA – ”Riteniamo che la repressione in Egitto dei rappresentanti dei media operanti nel rispetto della legge sia inaccettabile” si legge sul sito del ministero degli esteri russo. ”Invitiamo il governo egiziano, le forze di opposizione e tutti gli egiziani che non sono indifferenti alla reputazione del loro Paese ad assicurare la sicurezza dei giornalisti stranieri e degli altri cittadini”, prosegue la nota. ”Ribadiamo inoltre il nostro appello per la piu’ rapida cessazione delle violenza e la ricerca di una strada per uscire dalla crisi attraverso il dialogo e metodi politici pacifici”, conclude la nota. L’1 e il 2 febbraio una equipe della tv russa Zvezda (Stella), creata per l’esercito, è stata fermata dal controspionaggio egiziano, secondo il ministero degli esteri russo.

Non c’è dubbio che la denuncia sia condivisibile sotto ogni punto di vista. Ma ciò che vale per l’Egitto vale anche per quello che succede all’interno dei confini russi? Secondo i dati forniti dal Committee to protect Journalists, la Russia è l’ottavo paese più pericoloso al mondo per i giornalisti. Trentadue sono stati assassinati dal 1992 e diciannove omicidi dal 2000 ad oggi restano ancora irrisolti. In riferimento alla libertà d’informazione, la Russia è stata classificata dalle organizzazioni internazionali alla pari di Paesi come Myanmar, Cuba e Corea del Nord come una delle aree al mondo più pericolose per i giornalisti, ad eccezione dell’Iraq.

Dal 1999 ad oggi, ossia durante le Amministrazioni di Putin e Medvedev, 24 giornalisti sono stati uccisi in Russia (di cui tre nel solo 2009), la maggior parte dei quali si occupava di questioni come la criminalità organizzata o la corruzione degli apparati statali. Nonostante l’iniziale azione di persecuzione, le indagini raramente hanno condotto all’identificazione dei colpevoli, come avvenuto nei casi della giornalista Anna Politkovskaya nel 2006, dell’oppositore politico Alexander Litvinenko nel 2007 e dell’attivista per i diritti umani in Cecenia Natalya Estemyrova nel 2009.

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