Mosul, riconquistata la moschea dove al Baghdadi proclamò il Califfato. “Isis è finito”

di redazione Blitz
Pubblicato il 29 Giugno 2017 - 20:12 OLTRE 6 MESI FA
Mosul, riconquistata la moschea dove al Baghdadi proclamò il Califfato. "Isis è finito"

Mosul, riconquistata la moschea dove al Baghdadi proclamò il Califfato. “Isis è finito”

BAGHDAD – “E’ la fine del falso Stato Islamico”. Così il primo ministro iracheno Haidar al Abadi ha salutato vittorioso la riconquista da parte delle truppe di Baghdad della moschea Al Nuri, nel cuore di Mosul. Proprio lì, da quel pulpito, nel luglio 2014, Abu Bakhr al Baghdadi proclamò la nascita del suo Califfato, dopo che le sue milizie in pochi giorni si erano impossessate di Mosul, Tikrit e gran parte della regione occidentale di Al Anbar, arrivando a 50 km da Baghdad.

Anche se in realtà l’autoproclamato Stato islamico continua a controllare vasti territori sia in Iraq che in Siria, e i combattimenti continuano nella stessa Mosul, sicuramente l’evento di oggi riveste un’importanza simbolica fondamentale. Le forze anti-terrorismo “hanno preso il controllo della storica moschea di Al Nuri, del minareto di Hadba e dell’area commerciale di Serchkhana nella Città vecchia di Mosul”, ha detto a metà giornata il generale Abdul Amir Yarallah, comandante dell’offensiva lanciata nell’ottobre scorso dall’esercito, appoggiato da milizie sunnite e curde, per strappare all’Isis quella che era considerata la capitale dello Stato islamico in Iraq.

Un’operazione arrivata ormai alle fasi finali, con le forze lealiste che si aprono la strada a fatica, edificio dopo edificio, in un tessuto urbano fatto di stretti vicoli e ancora densamente popolato. In questa situazione, è diventata ormai un inferno la vita delle decine di migliaia di civili intrappolati nella Città vecchia, ridotti alla fame e senza riparo, mentre centinaia di jihadisti continuano ad opporre una disperata resistenza.

Altri 850 mila civili sono fuggiti dalla città negli otto mesi dell’offensiva. I soldati iracheni dicono di avanzare tra case distrutte, con l’odore di corpi in decomposizione che si leva da sotto le macerie e i vicoli disseminati dai cadaveri di jihadisti.

Quasi 400 chilometri ad ovest altri 100 mila residenti, sempre secondo le stime delle Nazioni Unite, sono bloccati a Raqqa, la capitale siriana dell’Isis, dove le milizie curde sostenute dai bombardamenti della Coalizione internazionale a guida Usa cercano di avanzare verso il centro.

La scorsa settimana la moschea Al Nuri, risalente al XII secolo, e il suo tipico minareto pendente detto Al Hadba (il gobbo), erano stati distrutti mentre già infuriavano i combattimenti nell’area. Il governo iracheno ha affermato che a farli saltare in aria è stato proprio l’Isis. L’autoproclamato Stato islamico, che ha quasi sempre rivendicato i tanti atti di devastazione di questo tipo di monumenti e siti archeologici, si è invece affrettato a negare ogni responsabilità affermando che moschea e minareto sono stati distrutti in un bombardamento della Coalizione internazionale a guida Usa. La stessa Coalizione ha smentito.

A parte i pochi quartieri ancora nelle mani dell’Isis nel centro di Mosul, in Iraq i jihadisti controllano una vasta enclave di 100 chilometri per 50 a ovest di Kirkuk e una larga fascia di territorio lungo circa 400 chilometri di frontiera con la Siria. “Non ci fermeremo – ha affermato il premier Abadi – continueremo a combattere Daesh fino a quando l’ultimo di loro non sarà stato ucciso o portato davanti alla giustizia”.