Oliver Sacks e il testamento di don Sergio: aspettare la morte felici

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Febbraio 2015 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Oliver Sacks e il testamento di don Sergio: aspettare la morte felici

Oliver Sacks e il testamento di don Sergio: aspettare la morte felici (la Morte di Marc’Aurelio di Delacroix)

ROMA – Aspettare la morte felici: l’articolo di Oliver Sacks, il testamento di don Sergio. Un celebre neurologo, un “poeta laureato in Medicina” e un umile prete che ha preferito “il profondo al vasto” scoprono che gli resta poco da vivere, un cancro incurabile li ha messi faccia a faccia con la morte.

Apprendono anche che, a dispetto dell’inaudito, della paura, del declino fisico, hanno conservato “lo stesso ardore nello studio e la stessa felicità nella compagnia degli uomini”, per citare David Hume, uno dei filosofi prediletti da Oliver Sacks, famoso non solo come neurologo ma anche autore di libri memorabili come “Risvegli” da cui fu tratto un bel film.

In un articolo su New York Times (“My own life”, leggi qui) Sacks spiega con lucidità e leggerezza calviniana le sue reazioni alla notizia che un terzo del suo fegato è occupato da una metastasi di un cancro incurabile. L’articolo ha fatto il giro del mondo: è a suo modo una lezione su come affrontare la morte, mentre riconosce che la sua stessa esistenza gli si rivela ora come un paesaggio osservato da inusitate altezze. Un distacco che tuttavia non è sinonimo di indifferenza.

Non posso fingere di essere senza paura. Ma il mio sentimento predominante è la gratitudine. Ho amato e sono stato amato; mi è stato dato molto, e ho dato qualcosa in cambio; ho letto, viaggiato, pensato, scritto. Ho avuto una relazione intensa con il mondo […] ma sopra ogni altra cosa, sono stato un essere senziente, un animale pensante su questo splendido pianeta: e questo è stato un enorme privilegio e un’immensa avventura. (Oliver Sacks, New York Times)

Ci piace menzionare, tra i tanti commenti sulla stampa italiana, quello di Marco Marzano su L’Eco di Bergamo: alla figura eminente dell’avventuroso Oliver Sacks ha associato quella non meno significativa (lo sapeva bene il Totò de la Livella) di don Sergio Colombo. Un’occasione per leggere il suo Testamento spirituale (leggi qui) e conoscere la ventura di morire grati al mondo, alle persone, a Dio.

Le parole, struggenti fino alla commozione, di Oliver, mi hanno ricordato un altro testamento, quello di don Sergio Colombo. Che iniziava proprio con una frase che Sacks condividerebbe appieno: «Sono felicissimo di aver vissuto. Ho trovato bello il tempo e il luogo che Dio mi ha dato per vivere la mia avventura tra gli uomini. Me ne vado pieno di riconoscenza per tante persone che mi hanno aiutato e insegnato a vivere».

Rileggetelo quel testamento. Vi troverete lo stesso atteggiamento, lo stesso fantastico spirito vitale, la stessa grandezza delle parole di Sacks. Due uomini vissuti in due luoghi del mondo completamente diversi, con una vita diversa, un mestiere diverso, probabilmente una fede diversa. L’uno cita spesso Dio, l’altro non lo menziona mai. Per me non fa differenza. Sono due maestri. Nel morire e quindi nel vivere. (Marco Marzano, L’Eco di Bergamo)