Palmira in mano dell’Isis: jihadisti avanzano, esercito siriano si ritira

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Maggio 2015 - 00:12 OLTRE 6 MESI FA

BEIRUT – L’esercito siriano si è ritirato da Palmira, ormai espugnata dai jihadisti dell’Isis. Il sito archeologico è stato invaso dai miliziani dello Stato Islamico e l’unica cosa rimasta da fare alle truppe siriane è stata quella di cercare di mettere in salvo centinaia di civili in fuga e i reperti archeologici prima che siano distrutti.

Il 20 maggio dopo che la città è stata espugnata dall’Isis i militari siriano hanno iniziato a sgomberare i civili e l’ospedale, mentre la battaglia imperversa vicino l’aeroporto. Dal sito archeologico sono state rimosse centinaia di statuette e reperti preziosi nel terrore che come già fatto per Ninive, Hatra e Nimrud i jihadisti potessero distruggere secoli di storia.

Gli Stati Uniti non sono rimasti a guardare dopo l’invasione, ma Barack Obama è stato costretto a constatare come la campagna di raid aerei e addestramento ed equipaggiamento delle forze irachene non funzioni. Dopo la sconfitta subita dalle forze irachene a Ramadi, il Commander in chief americano ha convocato un ‘consiglio di guerra’ urgente alla Casa Bianca “per discutere la situazione in Iraq e la strategia per far fronte alla minaccia posta dall’Isis”.

Per una valutazione globale della situazione Obama ha riunito attorno al tavolo oltre venti suoi diretti collaboratori, tra cui il capo del Pentagono Ashton Carter, il segretario di stato John Kerry, il direttore della Cia John Brennan e, in videoconferenza, l’ambasciatore Usa in Iraq Stuart Jones e il generale Lloyd Austin, capo dello US Central Command. La Casa Bianca ha cercato di ridimensionare la portata della riunione, con il portavoce Eric Schultz che ha minimizzato:

“Non è in corso alcuna revisione formale della strategia. Il Consiglio per la Sicurezza Nazionale si incontra regolarmente. Non ho cambi da annunciare”.

Intanto si teme per la cittadinanza e per le bellezze di Palmira, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità: la città fiore nell’antichità come punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano ed ebbe un notevole sviluppo fra il I ed il III secolo d.Cristo. Per questo motivo fu soprannominata la ‘Sposa del deserto’.

Il nome greco della città, ‘Palmyra’, è la traduzione fedele dall’originale aramaico, Tadmor, che significa ‘palma’. La città è citata nella Bibbia e negli annali dei re assiri, ma in particolare la sua storia è legata alla regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, ai romani e ai persiani. Poi venne incorporata nell’impero romano e Diocleziano, tra il 293 e 303, la fortificò, per cercare di difenderla dalle mire dei Sasanidi facendo costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.

A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano. Durante la dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza. L’imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l’importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione. Poi sotto il dominio degli arabi la città andò in rovina. Il sito archeologico comprende la via colonnata, il santuario di Bel, quello di Nabu, le Terme di Diocleziano, il teatro e l’Agora. Vere e proprie perle architettoniche.

(Foto Ansa)