Papa Francesco fulmina i giornalisti: “Chiacchiere come terrorismo”. Ma cosa sono le notizie per i potenti? “Chiacchiere”

Papa Francesco ai giornalisti: "Chiacchiere come terrorismo"
Papa Francesco ai giornalisti: “Chiacchiere come terrorismo”

ROMA – Silenzio, parla Papa Francesco che istruisce i giornalisti italiani alla Sala Clementina in Vaticano, in occasione dell’udienza dedicata. I rappresentanti dell’Ordine e i direttori delle varie testate in ascolto, sono stati messi in guardia circa le gravi responsabilità che pendono sul loro lavoro. Il Papa vola alto quando ammonisce sulla inderogabilità dei principi e della capacità di resistere agli assalti dai demoni del denaro e del potere, raccomandando di non “sottomettere la propria professione alle logiche di interessi di parte, siano essi economici o politici”.

Scende però a terra quando l’afflato pastorale intercetta la cronaca recente più spicciola ai tempi di una rivoluzione tecnologica che a suo dire rischia di calpestare la dignità umana, con chiaro riferimento al suicidio della povera Tiziana Cantone: “Spesso io ho parlato delle chiacchiere come terrorismo, di come si può uccidere una persona con la lingua. Un articolo viene pubblicato oggi e domani verrà sostituito da un altro, ma la vita di una persona ingiustamente diffamata può essere distrutta per sempre”. Uno potrebbe anche obiettare che il video hard della povera Tiziana Cantone non è un foto montaggio dei giornalisti malvagi.

E si potrebbe anche obiettare che i falsi, le calunnie, l’emarginazione da un gruppo sociale, la lettera scarlatta non sono di oggi. Donne e uomini si sono uccisi per la vergogna e la disperazione anche quando la notizia della loro disgrazia non era stata diffusa nemmeno a voce. Le donne rapate a zero perché collaborazioniste, i preti di tutte le fedi non hanno aspettato internet per bruciare le streghe.

Qualche anno fa, alla Fiat, un impiegato licenziato per avere rubacchiato, usciì dall’ufficio del personale, scese nel magazzino e si impiccò. Ogni giorno o quasi qualcuno si uccide per la vergogna: di un licenziamento, di un sequestro, per le tasse.

Il gran clamore suscitato dal suicidio di Tiziana Cantone non rientra nellla categoria della pietà collettiva, sembra piuttosto una enfatizzazione di una disgrazia, tipica del mormorio dietro le persiane di un paese morbosamente curioso. Oggi il numero di persiane si è moltiplicato per milioni, ma la logica è quella.

A uccidere non sono le notizie, è il ronzio maledetto di chi approfitta della lontananza e dell’anonimato per aggredire con parole di una violenza che trova talvolta riscontro nelle vilenze che si registrano nella vita reale. Basta scorrere qualche dibattito su Facebook per capire quello che la gente riesce a vomitare. Facebook dà loro occasione di socializzare i loro sentimenti, ma quei sentimenti c’erano anche prima di internet.

Il processo di demonizzazione dei mezzi on line appare come un tentativo di esorcizzare tutto il resto, tutte le perfidie che sono insite nell’animo umano. E nel processo magari anche strumentalizzare gli eccessi per mettere nuovi bavagli alle notizie e a chi le trova e diffonde.

La legge che i politici cercano di varare in Parlamento è su quella linea lì, non prendiamoci in giro.

Che il Papa si presti a questo gioco lascia perplessi e preoccupati. Paragonare le notizie al terrorismo può essere un’idea di qualche consigliere del Papa un po’ troppo incline alla demagogia.

Con “chiacchiere” presumiamo si intenda tutto il vasto (e remunerativo) ambito del gossip che dal rosa facilmente tracima nel nero, con il corrivo concorso dei media e della morbosa attenzione popolare. Ma è anche il grande fiume del giornalismo, quante sono le notizie che per i potenti o anche per i criminali sono “chiacchiere”?

Con “terrorismo”, siamo sicuri il Papa intendesse proprio il significato che comunemente gli si attribuisce: quindi siamo a “le parole sono pietre”, adagio valido fin che non ne becchi una in testa o una revolverata, o finisci sgozzato come quello sfortunato anziano prete di Rouen, o in fondo al mare con l’aereo dirottato, o ancora disintegrato da un kamikaze in una sala da ballo…

Pochi giorni fa Francesco ingiungeva di spegnere la televisione quando la famiglia si riunisce a tavola, ieri tuonava contro le “chiacchiere” social: a cadenza giornaliera non c’è aspetto della vita moderna che non venga passato sotto esame (e la vita moderna raramente supera la sufficienza), a conferma che l’alta missione pastorale non esiste senza il puntuale scrutinio esistenziale delle pecorelle, sempre sul punto di smarrirsi. Un “giogo soave” deve imporre la Chiesa, sosteneva un illustre predecessore di Francesco, Pio XII, nell’enciclica emanata appena 60 anni or sono. Giornalisti e rappresentanti dell’Ordine hanno applaudito grati, rispettosi e aggiogati.

Infatti, questi mezzi tecnici, che sono, si può dire, a portata di mano di ciascuno, esercitano sull’uomo uno straordinario potere e possono condurlo così nel regno della luce, del nobile e del bello, come nei domini delle tenebre e della depravazione, alla mercé di istinti sfrenati, secondo che gli spettacoli presentano ai sensi oggetti onesti o disonesti.

Come, nello sviluppo della tecnica industriale del secolo scorso, è spesso accaduto che la macchina, destinata a servire l’uomo, lo ha piuttosto dolorosamente asservito, così anche oggi, se lo sviluppo dei mezzi audiovisivi di comunicazione sociale non viene sottoposto al “giogo soave” (Mt 11, 30) della legge di Cristo, rischia di essere causa d’infiniti mali tanto più gravi, perché verrebbero asservite non solo le forze materiali, ma anche quelle spirituali, così privando le scoperte dell’uomo dei grandi vantaggi che ne erano il fine provvidenziale. (Enciclica “Miranda Prorsus”, Pio XII)

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