Papa Francesco come Schindler: “La lista di Bergoglio” di Nello Scavo

di redazione Blitz
Pubblicato il 8 Ottobre 2013 - 10:17 OLTRE 6 MESI FA
Papa Francesco come Schindler: "La lista di Bergoglio" di Nello Scavo

Papa Francesco (qui ritratto nel 1973) come Schindler: “La lista di Bergoglio” di Nello Scavo

ROMA – Papa Francesco come Schindler: “La lista di Bergoglio”. Non appena nominato papa, il pressoché fino allora sconosciuto Jorge Mario Bergoglio, dovette subire uno screening retrospettivo che indugiò non poco sui suoi presunti rapporti con la dittatura argentina; peggio, da varie parti si acconsentì a dipingerlo come indifferente osservatore di un regime che torturava, ammazzava, rinchiudeva e faceva sparire gli avversari politici.

Un libro appena uscito di un giornalista italiano di Avvenire (oggi intervistato da Il Giornale) non solo gli restituisce l’onore per accuse tutte rivelatesi infondate: ne “La lista di Bergoglio”, un best seller annunciato (da tutto il mondo reclamano i diritti di pubblicazione), Nello Scavo, 42 anni di Catania, fornisce una prova inoppugnabile dell’eroismo discreto del prelato gesuita, attraverso una lista, documentatissima, che giustamente fa pensare al celebre Schindler che salvò 1200 ebrei del lager di Plaszów.

Il futuro papa si mosse, nel tentativo di sottrarre dalla morsa degli sgherri del generale Videla il maggior numero di persone possibile, con un misto di audace incoscienza e profilo bassissimo. Un comportamento, una strategia che d’istinto fa venire in mente Pio XII, accusato di acquiescente subordinazione al voleri dei nazisti:

Colui che diventerà Papa Francesco si comportò come Pio XII. Per poter salva­re molte vite, non doveva esporsi. A chi sarebbe servito un paladino dei diritti umani incarcerato oppure morto? Fra l’altro Bergoglio all’epoca era un illustre sconosciuto, una sua denuncia pubbli­ca non avrebbe fatto né caldo né freddo ai golpisti. E non dimentichiamo che il regime assassinò una trentina fra vesco­vi, preti e suore e fece sparire centinaia di catechisti reputati “comunisti”». (Nello Scavo, intervista a Il Giornale)

Di più: una ferrea consegna del silenzio, che il giornalista immagina come un patto non scritto fra Bergoglio e i “salvati”, fece venire seri dubbi a Nello Scavo che all’inizio della sua inchiesta cominciò a sospettare qualche scheletro nell’armadio. Onorando il suo nome scavò a fondo: intanto, ha collezionato parecchi illustri ripensamenti, da Michael MooreHoracio Verbitsky, fra i più severi censori del vescovo argentino, costretti a confutare le generiche e false accuse sul suo conto, come aver consegnato i suoi maestri spirituali, i padri Franz Ja­lics e Orlando Yorio alla polizia, aver comunicato personalmente Videla durante una messa, aver abbandonato giovani gesuiti in odore di comunismo ecc…

Sulle testimonianze dei padri Franz Ja­lics e Orlando Yorio, che furono il diretto­re spirituale e il professore di teologia del giovane Bergoglio. I torturatori ave­vano fatto credere ai due che a denun­ciarli era stato proprio il loro ex allievo. “Una canagliata”, secondo Julio Strasse­ra, procuratore nel processo contro la giunta militare. La verità è che il futuro pontefice si recò due volte da Videla per chiederne la liberazione. Siccome non aveva modo di farsi ricevere, convinse un confratello che celebrava la messa nella residenza del dittatore a darsi ma­lato e prese il suo posto. Dal colloquio con Videla capì che Jalics e Yorio erano rinchiusi nelle prigioni della Marina. Per cui Bergoglio affrontò altri due in­contri con l’irascibile ammiraglio Emi­lio Massera. Il secondo fu brevissimo. Lo ha rievocato nel 2010 lo stesso Bergo­glio, quando come persona informata sui fatti fu interrogato dalla corte che giu­dicava i responsabili dei crimini com­messi nell’Escuela superior de mecáni­ca de la Armada, la scuola degli ufficiali della Marina militare, il peggior centro di detenzione e tortura: “Gli dissi: ‘Guardi, Massera,io li voglio indietro vi­vi’. Mi alzai e me ne andai”. La notte suc­cessiva i due gesuiti vennero narcotizza­ti e scaricati, intontiti ma salvi, in mezzo a una palude. Yorio morì nel 2000. Jalics sei anni dopo volle celebrare una messa con Bergoglio e abbracciarlo pubblica­mente per porre fine alle calunnie. (Sefano Lorenzetto, Il Giornale)