“Aiutateci, o qualcuno morirà”: gli italiani nelle mani dei pirati

Pubblicato il 19 Settembre 2011 - 20:18 OLTRE 6 MESI FA

PROCIDA (NAPOLI) – ”Stiamo male, aiutateci ad uscire da questa cazzo di nave perché se non andremo via subito qualcuno non tornerà a casa”: è  l’agghiacciante telefonata che il comandante della Savina Caylin, Giuseppe Lubrano Lavadera ha avuto con sua moglie, Nunzia Nappa.

Una svolta improvvisa dopo settimane in cui nessun membro dell’equipaggio si era più fatto vivo ed i contatti con le famiglie si erano diradati. Tutti i membri dell’equipaggio italiani – fa sapere Nunzia Nappa – hanno finora chiamato i loro familiari, fatta eccezione per il direttore di macchine, Verrecchia, che non ha ancora contattato i familiari.

”Ormai ci tengono tutti legati in un angolo della nave e non mangiamo neanche tutti i giorni”, ha detto il Comandante Lubrano nella breve e coincisa telefonata alla moglie. ”Viviamo momenti di ansia e tensione ogni volta che un elicottero sorvola la nave i pirati si innervosiscono e mitra alla mano ci costringono a stare immobili. Aiutateci!”.

I pirati che hanno sequestrato la petroliera al largo della Somalia, hanno annunciato che la prossima settimana inizieranno a torturare ogni giorno gli ostaggi, tra cui i cinque italiani. Lo ha detto Adriano Bon, padre di Eugenio, marittimo triestino che si trova tra gli ostaggi. Bon ha avuto la notizia dalla moglie del capitano della nave, Giuseppe Lubrano, che con lei ha avuto un breve colloquio telefonico.

“I pirati – ha detto Bon – hanno anche spiegato che ”per questa settimana gli ostaggi saranno lasciati in pace, sperando che le trattative vadano avanti. Se questo non accadrà, dalla prossima settimana inizieranno una tortura ogni giorno sull’equipaggio”.

La petroliera era stata sequestrata lo scorso 8 febbraio. A bordo ci sono cinque marinai italiani e 17 indiani.