Un’ondata di proteste e repressione colpisce la Cina

Pubblicato il 14 Giugno 2011 - 12:42 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un’ondata di agitazioni sta attraversando la Cina. Le più colpite dalle proteste sono le città, dove, scrive il Wall Street Journal, da tre settimane gli sforzi del Partito Comunista per mantenere l’ordine sono messi a dura prova.

Le manifestazioni si sono moltiplicate, dal nord industriale al sud dedito all’esportazione, e stanno rappresentando, scrive il Wall Street Journal, una minaccia per i leader della Repubblica Popolare, destinata al cambio il prossimo anno, dopo un decennio di stabilità.

A fare paura non sono solo le proteste, che spesso sfociano in violenze, ma anche la repressione dura della polizia

L’ultimo episodio risale allo scorso fine settimane. Solo un massiccio intervento della polizia anti-sommossa ha riportato una parvenza di calma a Zengcheng, città della Cina meridionale.

Le violenze sono scoppiate dopo che la polizia aveva maltrattato la venditrice ambulante Wang Lianmei, incinta, che era caduta a terra mentre gli agenti la stavano allontanando dal’ ingresso di un supermercato, dove stava vendendo la propria merce.

In seguito migliaia di persone hanno dato l’assalto agli uffici governativi di Dadun, un sobborgo della città, e hanno dato fuoco ad almeno sei automobili della polizia.

Ieri, 13 giugno, l’ agenzia governativa Nuova Cina ha annunciato che 25 persone, considerate gli ”istigatori” dei moti, sono state arrestate, dopo alcuni scontri nel corso dei quali funzionari locali e agenti di polizia sono stati colpiti con sassi e altri oggetti contundenti.

In Cina le reazioni popolari contro quello che viene considerato lo strapotere della polizia sono frequenti e spesso portano ad isolati episodi di violenza. Nuova Cina afferma che sul posto la situazione è ora ”ritornata alla normalita””. Il marito della donna, Tang Xuncai ha dichiarato che la moglie e’ stata visitata in ospedale e che sia lei che il bambino stanno bene.

Zengcheng, nella provincia del Guangdong, è uno dei centri dell’ industria esportatrice cinese e i protagonisti dei moti sono stati in gran parte lavoratori immigrati dalle province più povere del Paese, come la stessa Wang e suo marito. ”Siamo pieni di rabbia. Sembra che qui la legge non esista e che i funzionari locali possano fare quello che vogliono”, ha dichiarato un immigrato che ha chiesto di non fare il suo nome.