Russia, spia americana rischiava di essere scoperta: così gli Usa l’hanno portata via

di Caterina Galloni
Pubblicato il 11 Settembre 2019 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
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L’ambasciata americana a Mosca (Foto Ansa)

ROMA – Un russo diventato una spia americana, che la CIA aveva reclutato decenni fa e che, fatta carriera al Cremlino, era in grado di fotografare documenti sul tavolo del presidente Vladimir Putin, è protagonista di una vicenda degna di un romanzo o di un film di Hitchcock, magari con Tom Hanks protagonista.

La rivelazione di quello che costituisce un vero e proprio intrigo internazionale è uno scoop della rete tv Cnn, seguita dal New York Times con altri dettagli. In termini tecnici spionistici si è trattato di una “estrazione”: fare uscire dalla Russia la spia, non si sa se accompagnata o meno dalla famiglia. 

L’operazione risale al 2017. È stata una missione ultra segreta, al punto che tutti smentiscono e nessuno conosce l’identità della spia. Unico a non voler fare dichiarazioni è Mike Pompeo, attuale segretario di Stato americano ma all’epoca della “estrazione” proprio capo della CIA.

Secondo la Cnn, la rimozione del russo è stata spinta, in parte, dalle preoccupazioni che il presidente Donald Trump e la sua amministrazione abbiano avuto una pessima gestione delle informazioni riservate e che potrebbero aver contribuito a esporre la fonte segreta a rischi.

La decisione di eseguire l'”estrazione” è avvenuta poco dopo una riunione del maggio 2017 nello Studio Ovale in cui Trump aveva ricevuto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e l’allora ambasciatore russo, Sergei Kislyak.  L’intelligence è interessata all’ISIS in Siria, e la Siria è all’interno dell’area di influenza russa.

All’epoca, l’allora direttore della CIA Mike Pompeo disse ad altri alti funzionari dell’amministrazione Trump che sulla fonte segreta, nota come risorsa, stavano venendo fuori troppe informazioni. Si fa eccezionalmente ricorso all’estrazione, o “estrapolazione”, quando l’intelligence ritiene che una risorsa sia in imminente pericolo.

Per gli USA, la fonte all’interno del Cremlino era considerata di altissimo livello, in testa all’infrastruttura di sicurezza nazionale, secondo un ex alto funzionario dell’intelligence a conoscenza della situazione.

La spia aveva accesso a Putin e poteva persino fotografare i documenti presenti sulla scrivania del leader russo, e per più di un decennio avrebbe passato informazioni. La sua “estrazione” ha lasciato gli Stati Uniti senza una delle risorse chiave sul funzionamento interno del Cremlino, sui piani e sul pensiero del presidente russo in un momento in cui le tensioni tra le due nazioni sono aumentate.

L’intelligence statunitense considera la Russia, insieme alla Cina, una delle maggiori minacce alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il presidente Trump è stato informato in anticipo dell’estrazione, insieme a un numero esiguo di alti funzionari. I dettagli rimangono segreti e il luogo dove si trova la risorsa a tutt’oggi è sconosciuto.