“Si tolga anche la protesi”. L’America che si indigna contro la “sicurezza invadente”

Pubblicato il 23 Novembre 2010 - 09:12 OLTRE 6 MESI FA

Quando l’allarme suona, la signora che attraversa il metal detector si chiama Cathy Bossi. Cathy, una signora americana sulla cinquantina, si trova all’aeroporto di Charlotte, nella Carolina del Nord e quando l’agente l’invita a seguirlo, non si scompone, conosce gli aeroporti e le loro procedure. Questi luoghi di passaggio sono lo sfondo della sua vita: è da 32 anni che Cathy lavora come assistente di volo.

Scocciata, ma rassegnata come chi conosce la burocrazia, Cathy segue le addette alla perquisizione. Due signore la conducono in una stanza spoglia. Qui inizia un’approfondita perquisizione corporale. Le mani delle guardie scivolano senza esitazioni sul corpo della donna fino sentire qualcosa di strano; e si interrompono. Hanno appena toccato il seno destro di Cathy, quello che ha subito un’operazione chirurgica.

Cathy è sopravvissuta a un cancro contro cui ha lottato per tre anni, e che le ha portato via la carne del seno destro, al posto del quale oggi ha una protesi mammaria. Cathy sa benissimo che il metal detector ha suonato proprio per quella cicatrice che si porta dietro.

«Cos’è questo?»- chiede la guardia, stringendo in mano il seno prostetico. La situazione è surreale e violenta, e Cathy non trova la prontezza di obiettare. Cathy risponde, le racconta la sua storia, ma le parole non sono sufficienti. «Bé, bisognerà vedere di cosa si tratta»- risponde l’agente, imponendole di rimuovere la protesi dal reggiseno. Sconvolta, senza parole, umiliata dalla propria incapacità di reagire, Cathy obbedisce. Più tardi passa il check-in, prende il suo volo, riflette durante il viaggio. Arrivata a destinazione, decide di contattare un legale.

Da qualche mese, la Transportation Security Administration, l’agenzia federale incaricata della sicurezza negli aeroporti, ha deciso un rafforzamento delle misure di controllo e prevenzione. Soprattutto le procedure di perquisizione corporale sono state “enhanced”, accresciute. Da allora storie come quella di Cathy Bossi sono all’ordine del giorno, pane quotidiano per giornali, tv, siti internet. Alcune di queste testimonianze raccontano di una totale e crudele mancanza della più elementare sensibilità. Raccontano di donne tastate da agenti uomini senza riuscire a far valere i propri diritti o di malati che non ricevono le precauzioni adeguate o che sono perfino umiliati, a causa del bieco rispetto delle procedure.

Malgrado i fiumi di proteste, la TSA mostra di non avere intenzione di rivedere la propria politica e sta invece piuttosto rendendo ancora più severi i propri metodi. Grazie a una recente delibera, i passeggeri che rifiutano di sottoporsi alle procedure di perquisizione, potranno essere multati fino a 11000 dollari, e perfino arrestati.

Nel frattempo, su Internet, sui media tradizionali, si organizza la protesta. L’ACLU; l’American Civil Liberties Union, una potente organizzazione non governativa, invita i cittadini a firmare una petizione per cambiare le regole della TSA. «Tutti noi abbiamo il diritto di viaggiare, senza un’invasione così violenta nella nostra privacy. Janet Napolitano, segretario alla Sicurezza Interna, deve mettere in pratica misure che rispettino i diritti alla privacy dei cittadini. Non si dovrebbe avere bisogno di verificare i propri diritti, quando verificano il tuo bagaglio».