Senza velo, in Arabia Saudita si può solo su Internet

Pubblicato il 23 Febbraio 2010 - 20:21 OLTRE 6 MESI FA

Senza velo, in Arabia Saudita solo su Internet. Il 46% della comunità dei blogger sauditi è costituito di ragazze che negli ultimi anni sono sbarcate sul web per raccontare e raccontarsi. In un paese dove il genere femminile è il vero sesso debole esistono regole asfissianti: non possono guidare, devono velarsi completamente se in presenza del marito, hanno accessi separati in qualsiasi luogo pubblico.

Queste le storie di vita quotidiana che si leggono sui blog, ma non solo. Molte donne utilizzano internet non solo come valvola di sfogo ma come strumento per cambiare le cose: dalle proteste contro il fenomeno delle spose bambine, allo sciopero dello shopping voluto per dire basta ai commessi uomini nei negozi di biancheria intima.

«Ho studiato negli Stati Uniti e quando sono tornata ho cominciato a notare i tanti stereotipi che all’estero circolavano sulle donne saudite – Eman, 34 anni e 3 figli, racconta di fronte a un panino – così ho pensato di scrivere. Per provare a spiegare». L’esperimento ha avuto successo: il suo blog – scritto in inglese – ha 500 visitatori al giorno e riceve commenti da tutto il mondo. Eman così è diventata una delle più popolari esponenti delle nuova generazione saudita: quella dei giovani, uomini e donne, che usano Internet per sfuggire alle rigide convenzioni del Regno.

Se il fenomeno è comune a tutto il mondo, in pochi paesi ha un impatto simile a quello che si registra in Arabia Saudita: prendere un caffè con con il sesso opposto può condurre alla prigione, così come essere in auto con qualcuno che non sia un parente. Ragazzi e ragazze vivono in universi separati, frequentano scuole diverse, non hanno luoghi di incontro comuni e non possono parlarsi.

“Apartheid di genere”, “stato di schiavitù”, lo definiscono in privato molte donne saudite: un muro che per decenni ha dominato incontrastato ma sul quale Internet e delle nuove tecnologie stanno aprendo crepe importanti. «Questa generazione è la più aperta che si sia mai stata – spiega Turki Al Hamad, uno dei più noti intellettuali sauditi – si informa tramite le tv satellitari e su Internet. E in rete diffonde informazioni. Questi ragazzi non accettano di vivere in un mondo chiuso: sono uno dei motori alla base dei cambiamenti che il paese sta vivendo».

Ahmed Al Omran, meglio noto in rete come SaudiJeans, è la star della rete saudita: con 3000 contatti ogni giorno, il suo blog è uno di quelli più frequentati da chi vuole informazioni senza filtro sulla vita del Regno. Parla di tutto, della risposta (tardiva) del governo alle alluvioni dei mesi scorsi, dei fenomeni di moda e di costume, del ruolo (deludente, secondo lui) della Shura, l’organo consultivo voluto dal re per dimostrare la sua volontà di apertura.

Ahmed è spesso caustico, ma non si preoccupa troppo delle conseguenze: «Ho subìto tentativi di censura – racconta – alla mia famiglia è stato fatto capire che era meglio che io smettessi di scrivere, perché quello che racconto non piace alle autorità. Ma non faccio nulla di illegale. E continuerò».

Tuttavia per le donne gli ostacoli restano, anche in Rete: uno studio della King Saud University di Ryad rivela che il 68% delle ragazze saudite non mettono il cognome nel loro profilo Facebook e solo il 5% di loro mette sul sito fotografie che le rappresentano.