Sergei Skripal: “Così sono sopravvissuto al Gulag”

di redazione Blitz
Pubblicato il 3 Ottobre 2018 - 05:23 OLTRE 6 MESI FA
Sergei Skripal: "Così sono sopravvissuto al Gulag"

Sergei Skripal: “Così sono sopravvissuto al Gulag”

LONDRA – Sergei Skripal, l’ex spia russa avvelenata con un agente nervino lo scorso 4 marzo a Salisbury, in una precedente intervista al Daily Mail, aveva rivelato come era sopravvissuto al famigerato gulag prima del drammatico “scambio di spie” che finalmente gli fece ritrovare la libertà. Rapito, incappucciato e ammanettato dai servizi di sicurezza russi, Sergei Skripal fu fatto salire in un furgone e condotto verso la temuta prigione di Lefortovo a Mosca. Una volta lì, è come entrare in un mondo sotterraneo.

Fin dai tempi zaristi, i prigionieri più frequenti erano sempre quelli accusati di dissenso, spionaggio e tradimento ma sotto Stalin, in quella prigione si praticava la tortura per estorcere delle confessioni e poi c’era l’eliminazione. Nel 1996, l’FSB aveva preso in mano la prigione.

Dopo l’arresto alla fine del 2004, Skripal – un colonnello in pensione e un alto funzionario nel GRU, il braccio dell’intelligence militare dell’esercito russo – era stato ridotto allo status di prigioniero comune, condivideva una cella con altri due detenuti. In un’intervista al Daily Mail, uno di loro disse che a Mosca era un “bandito, aveva ucciso tre poliziotti e accusato di terrorismo non di un semplice crimine”. Il suo corpo era stato tatuato con immagini naziste.

L’altro detenuto era più silenzioso e Skripal capì immediatamente che era un informatore: lo colpì con dei pugni e l’uomo fu allontanato. Le giornate a Lefortovo iniziavano alle 6 del mattino e terminavano alle 22.00 quando arrivava il “luci spente”. Ma le condizioni erano sorprendentemente accettabili per un detenuto in attesa di giudizio: tre pasti e un pacchetto di sigarette al giorno, le lenzuola venivano cambiate ogni settimana ed erano concesse delle visite. 

Una volta al mese, la moglie Liudmila arrivava con pietanze cucinate in casa e riuscì anche a procurargli una TV e un piccolo frigorifero. Ma a parte questi confort, la vita era dura a causa degli interminabili interrogatori: due volte al giorno, veniva condotto in una stanza schermata, sempre le stesse domande sulla sua identità, il servizio, le abitudini, i contatti con i servizi di intelligence stranieri.

Nei due anni di detenzione a Loefortovo ha subito 17 diversi interrogatori, cercavano di farlo confessare in cambio di una sentenza meno pesante ma, al contrario di altri detenuti, non fu mai picchiato. Tuttavia, c’era sempre il timore che potessero sbarazzarsi di lui. Non poteva essere giustiziato perché la pena di morte in Russia era stata abolita, anche per alto tradimento e spionaggio.

Ma questo non significava che non potesse semplicemente sparire, proprio come era accaduto a un altro agente della GRU che lavorava per un’agenzia di intelligence occidentale e che fu ritrovato morto, strangolato, con le dita mozzate. Nonostante le numerose domande sui viaggi all’estero, grossi assegni versati sul suo conto in banca, divenne chiaro che non potevano collegare Skripal a nessuno, in particolare all’MI6, nemmeno per passato. 

Skripal arrivò alla conclusione che qualcuno al FSB doveva averlo tradito ma che la talpa doveva essere protetta e non poteva testimoniare contro di lui in tribunale. Nell’ottobre 2006, un tribunale militare lo condannò a 13 anni in un campo di lavoro. In Russia, il processo fece scalpore, era l’emblema della corruzione morale, dell’avidità e dell’egocentrismo di chi spiava per conto dell’Ovest. 

Nel corso del processo era stato affermato che Skripal era stato pagato un totale di 100.000 dollari dall’MI6 per le sue attività di spionaggio ma, probabilmente, scrive il Daily Mail la cifra si aggirava intorno ai 70.000 dollari. Ora era un criminale e stava andando nel gulag. In Russia, ogni colonia penale ha un numero e uno scopo: Ik5 nelle remote foreste di Mordovia, a 500 miglia a est di Mosca, era “un campo per persone con le spalline”, molti dei 1.200 condannati erano poliziotti e ufficiali dell’esercito.

Come nuovo zek (prigioniero), Skripal per sopravvivere aveva bisogno di trovare rapidamente alleati e gravitava verso un gruppo di detenuti che, come lui, avevano prestato servizio nelle forze dell’aviazione.
“Sono stati la mia prima cerchia di protezione nel campo”, ha detto l’ex spia russa che ben presto diventò leader grazie all’esperienza militare, l’età, la presenza fisica e il grado di colonnello. Ma le condizioni nel IK5 potrebbero estenuare anche il detenuto più forte. In inverno, da quattro a cinque mesi c’è neve, le temperature possono scendere al di sotto di -30° C.

Molti prigionieri soccombono alla disperazione, ma Skripal si tenne impegnato cucendo divise dell’esercito e della prigione nel laboratorio, guadagnando abbastanza denaro per rendere la vita più sopportabile.

I conti bancari moscoviti erano stati svuotati dall’FSB (anche se il denaro che l’MI6 gli aveva pagato era stato segretamente trasferito all’estero, in Spagna), ma Liudmila vendette alcuni beni di famiglia per fornire al marito più denaro così da corrompere le guardie. Skripal è riuscito a ottenere nel suo blocco nuove docce e servizi igienici. 

Si allenava ogni giorno, praticava sport, anche se il cibo del campo era immangiabile, sapeva che Liudmila, sempre leale, mandava ogni mese un pacchetto di alimenti che poteva cucinare su una stufa della capanna.
A Mosca, la vita era tutt’altro che facile per la sua famiglia: gli amici li avevano abbandonati e i vicini facevano commenti sgradevoli sul suo tradimento. Un clima difficile per Liudmila, soprattutto quando si è ammalata di cancro e ha dovuto affrontare le terapie senza il marito al suo fianco.

Il resto della famiglia: il figlio Sasha era sprofondato nella disperazione e nella vergogna e aveva iniziato a bere parecchio mentre figlia Yulia doveva affrontare i commenti dei  compagni all’Università di Mosca, tanto che a un certo punto pensò di cambiare cognome. 

Nel frattempo, nel gulag, l’appello contro la condanna e la sentenza fu respinto dal tribunale e Skripal continuava a snocciolare gli anni di prigionia. Tuttavia pensava che dopo otto anni avrebbe potuto chiedere la libertà condizionale, realizzare il sogno di lasciare la Russia e ricostruire una vita all’estero: un pensiero che gli dette la forza di andare avanti ma le probabilità che ciò accadesse rapidamente sembravano molto remote.

Altrove, tuttavia, le cose nel mondo dello spionaggio stavano cambiando: a New York, un’affascinante agente russa dai capelli rossi, Anna Chapman (che aveva mantenuto il cognome di un inglese che aveva sposato ma da cui era separata), mentre era seduta a un tavolo in un internet cafè per inviare il rapporto a Mosca con un pc appartenente ad alcuni agenti dell’intelligence russa seduti nelle vicinanze, notò che c’erano dei problemi e si rivolse a quello che pensava fosse il gestore del locale: in realtà era un agente dell’FBI sotto copertura, che le dette un passaporto falso, una prova che in seguito sarebbe stata usata contro di lei. Era caduta in una trappola. 

Dopo una delle più lunghe e complesse operazioni di controspionaggio mai organizzate, l’FBI stava per attaccare un intero gruppo di spie dormienti, conosciute come “illegali”, che avevano impiegato anni per inserirsi nella società americana.

Incaricati di infiltrarsi negli “ambienti dirigenziali” di un paese, gravitano nel mondo accademico e finanziario, nei think tank sperando di intrappolare funzionari, membri della CIA e banchieri. Erano supportati da agenti come Chapman, che consegnava denaro e dava assistenza. (Lei stessa non era una spia illegale ma un “Noc”, il termine usato dai servizi segreti americani per chi opera sotto copertura non ufficiale, con il vero nome). 

Quattro coppie erano note per essere operative a New York, Boston e Washington DC dopo essere state denunciate all’FBI da una talpa dell’intelligence russa: era arrivato il momento di incastrarli. Nel 2010, arrestarono dieci agenti russi “dormienti”, tra cui  Anna Chapman, Igor Sutyagin, un ricercatore condannato a 15 anni in un campo di lavoro per spionaggio in favore degli Stati Uniti, Alexander Zaporojski, l’ex colonnello dei servizi segreti russi condannato a 18 anni nei campi per lo stesso motivo, e Gennady Vasilenko, un ex ufficiale del Kgb condannato a 3 anni di carcere per possesso illegale di armi, è scambiato con dieci agenti russi, tra cui appunto Skripal che si rifugiò nel Regno Unito. 

A Salisbury, con la moglie Liudmila comprò una casa da 260.000 sterline, in Spagna aveva un po’ di denaro e il governo britannico di tanto in tanto gli avrebbe dato delle somme, ma non poteva essere considerato ricco. Quando il Daily Mail gli aveva chiesto se sarebbe mai tornato in Russia, rispose che non l’avrebbe fatto, non era un posto sicuro.