Sevim, dichiarata morta dal fratello: impiega 23 anni a dimostrare che è viva

di redazione Blitz
Pubblicato il 6 Settembre 2016 - 16:44 OLTRE 6 MESI FA
Sevim, dichiarata morta dal fratello: impiega 23 anni a dimostrare che è viva

Sevim, dichiarata morta dal fratello: impiega 23 anni a dimostrare che è viva

ANKARA – Questa è la storia di Sevim Hayva, una donna turca di 61 anni, dichiarata morta dal fratellastro che non voleva dividere con lei l’eredità del padre. Le ci sono voluti 23 lunghissimi anni per dimostrare alle autorità del suo paese di essere ancora viva e vegeta. Sevim, che oggi vive in Canada e ha la doppia cittadinanza, risultava viva in tutto il mondo tranne che in Turchia.

Secondo quanto racconta il suo avvocato, Hayrullah Cuhadaroglu, la vicenda è piuttosto complicata. I genitori della donna divorziarono quando lei aveva soli 4 anni: la piccola Sevim fu affidata ad un’altra famiglia, si è sposata, ha avuto due figli e ha a sua volta divorziato. Si è poi trasferita in Canada, lasciando alle spalle un passato non proprio roseo. Negli anni il padre ha contratto altri due matrimoni dai quali ha avuto altri figli. Ed è proprio per colpa di uno di questi che l’odissea è cominciata.

Alla morte del padre nel 1993, l’avido fratello riuscì a procurarsi due falsi certificati di morte riguardanti Sevim e un’altra sorellastra e li consegnò al capo del suo villaggio così da non dover spartire l’eredità. Anni dopo la terza sorellastra è riuscita a rintracciare Sevim in Canada e a raccontarle del torto subito. Di qui il lungo percorso di certificati e carte bollate per riuscire a dimostrare alle autorità turche di essere ancora in vita.

Per 20 anni ha esibito certificati di residenza, assicurazioni, estratti conto bancari, passaporti, senza mai riuscire ad ottenere il giusto riconoscimento. Non soltanto per ottenere la sua parte di eredità ma anche per poter rientrare in Patria, dove “la fu Sevim Hayva” risultava inesistente. Una sola volta è riuscita a tornare da clandestina, ma essendo ufficialmente morta la polizia non potè neppure arrestarla. Risultato? E’ rimasta per giorni in aeroporto in attesa di essere rispedita in Canada. Fino allo scorso 31 agosto, quando un giudice di Smirne, ha finalmente riconosciuto la truffa e ha fatto annullare il suo certificato di morte.