Protesi “marce” al seno per 33 mila donne in Venezuela

Pubblicato il 13 Gennaio 2012 - 08:25 OLTRE 6 MESI FA

CARACAS – Il silicone killer è arrivato fino al Venezuela e ora sono circa 33 mila le donne che rischiano per via delle protesi “marce” al seno. Trentatré mila sono praticamente una cittadina, un esercito di donne: ognuna di loro ha subito l’impianto di protesi mammarie della marca francese Pip (Poly Implant Prothese), bandite per legge in Venezuela dal 2010.

I numeri del “censimento” delle protesi pericolose sono stati snocciolati dal ministro della Salute del Paese sudamericano, Eugenia Sader.

Il governo ”ha vietato l’uso, la distribuzione e la vendita di queste protesi in Venezuela” nel 2010, ha precisato Sader citata dall’agenzia Avn.

Il ministro ha invitato le donne interessate ”a restare calme e a consultare un medico” per verificare lo stato delle loro protesi. A fine dicembre le autorità di Caracas avevano annunciato che le pazienti potranno farsi espiantare le Pip gratuitamente, ma che la sostituzione delle protesi non sarà a carico dello Stato.

Venerdì scorso 500 venezuelane hanno presentato una denuncia nei confronti della società francese.

Anche in Italia le protesi difettose fanno paura, il ministro della Salute Renato Balduzzi le ha fatte censire: vuole capire quante donne rischiano. Si è scoperto che il gel contenuto nelle Pip era un miscuglio di prodotti chimici industriali, mai testati clinicamente per i loro effetti sull’organismo, tra cui anche un additivo per carburanti e due prodotti utilizzati nell’industria del caucciù. Queste sostanze sarebbero state all’origine delle numerose rotture delle protesi.

“Dall’Affssaps (agenzia francese di sicurezza sanitaria) sapevamo che si trattava di un gel improprio, utilizzato piuttosto nell’alimentare e in informatica – ha spiegato all’agenzia France Presse un medico consulente di un’associazione di donne portatrici di protesi Pip, Dominique-Michel Courtois – Non avremmo mai pensato che potesse contenere dell’additivo per carburanti; per questo chiediamo analisi delle protesi direttamente prelevate sulle pazienti2. Le analisi finora realizzate, secondo l’associazione, si sarebbero infatti limitate a delle partite di protesi sequestrate durante una perquisizione dell’azienda nel marzo 2010. Ma, spiegano, “il mix forse variava a seconda delle partite”.