Strage ostaggi di Al Qaeda. Algeria, fronte occidentale della guerra del Mali

Pubblicato il 17 Gennaio 2013 - 15:43 OLTRE 6 MESI FA

ALGERI – Trentacinque ostaggi stranieri detenuti nel sito petrolifero di In Amenas in Algeria e 15 sequestratori sono stati uccisi. Tra le vittime anche uno dei leader islamisti, Abou Al Bara. Lo riferisce Al Jazeera. Gli ostaggi e i sequestratori sarebbero stati uccisi durante un raid di elicotteri dell’esercito algerino.

Il blitz è arrivato dal cielo, per salvare gli ostaggi in mano ai terroristi che, da mercoledì, hanno il controllo del sito per le estrazioni di idrocarburi a In Amenas. “Elicotteri dell’esercito algerino hanno cominciato a bombardare il sito petrolifero, ferendo due giapponesi”, ha riferito l’agenzia mauritana Ani.  Intanto i terroristi, secondo il sito Tsa, avrebbero tentato di abbandonare il sito, ma sono stati bloccati dalle forze di sicurezza che circondano la zona. Probabilmente i rapitori hanno portato con loro alcuni ostaggi, che avrebbero usato da scudo. Fuggiti invece giovedì mattina una trentina di ostaggi algerini e 15 stranieri.

Dall’inizio dell’operazione militare francese in Mali è stata un’escalation di violenze. L’impianto petrolifero di Bp era stato preso dai terroristi in segno di rappresaglia per l’appoggio del governo Algerino all’intervento francese in Mali. Il bagno di sangue di In Amenas è l’altro volto di una guerra che si sta combattendo uomo a uomo, nei villaggi del Mali che i “marines” francesi vogliono epurare dagli islamisti.  Un bagno di sangue con ripercussioni che si allargano ai Paesi confinanti.

Ad oggi sono 1.400 i militari francesi impegnati sul campo: lo ha reso noto il ministro della Difesa di Parigi, Jean-Yves Le Drian, che ieri aveva parlato di 800 effettivi. Le Drian, atteso in serata a Berlino per dei colloqui con l’omologo tedesco Thomas De Maiziere sulla crisi maliana, ha confermato che sono in corso operazioni terrestri ed aeree, mentre per quel che riguarda gli ostaggi sequestrati in Algeria il ministro si è limitato a ribadire la “totale fiducia” nelle autorità algerine “perché affrontino una situazione complessa”.

Legittima, agli occhi della comunità internazionale, la posizione francese, perché si tratta di applicare una risoluzione dell’Onu che ha approvato l’intervento militare. Il presidente Hollande ci ha tenuto a precisarlo: “La Francia non ha alcun interesse nel Mali. Non è mossa da alcun calcolo economico o politico. È al servizio, semplicemente, della pace”.

Ma il conflitto in Mali è diverso dalle altre guerre africane. Questa volta le conseguenze per l’Occidente sono tutt’altro che marginali. L’avanzata dei movimenti radicali islamici e di gruppi vicini ad Al Qaeda, sommate ai postumi delle primavere arabe hanno creato una sorta di buco nero geopolitico. Il Mali si posiziona all’interno della crisi che investe tutto il Sahel, cordone di raccordo tra l’Africa bianca e quella nera, tra le risorse energetiche del Maghreb e quelle minerarie del Sud. La guerra in Mali riguarda l’Occidente e riguarda l’Italia in particolar modo per i rapporti con la Libia ma anche con l’Algeria, il nostro secondo fornitore di gas.

La svolta drammatica delle ultime ore potrebbe accreditare la tesi secondo cui l’attacco dei francesi offre lo spunto alla jihad di accusare l’Occidente di un ennesimo attacco all’Islam. Con la decisione di Parigi di intervenire militarmente per evitare la caduta della capitale Bamako nelle mani dell’ambigua combinazione tuareg-jihadista, siamo di nuovo alla guerra di un Paese occidentale, la Francia, che ricorre alle armi contro l’estremismo di matrice islamica identificato con il terrorismo.