Tanzania, già 2 milioni di anni fa gli ominidi erano in grado di sopravvivere ai cambiamenti climatici

di Caterina Galloni
Pubblicato il 17 Gennaio 2021 - 08:52 OLTRE 6 MESI FA
Tanzania, già 2 milioni di anni fa gli ominidi erano in grado di sopravvivere cambiamenti climatici

Tanzania, già 2 milioni di anni fa gli ominidi erano in grado di sopravvivere ai cambiamenti climatici (foto Ansa)

I primi esseri umani che 2 milioni di anni fa vivevano in Tanzania, avevano già sviluppato le capacità e gli strumenti per sopravvivere ai cambiamenti climatici.

E’ quanto emerge da un nuovo studio degli archeologi del Max Planck Institute che nel sito Gola di Oldupai, in Tanzania – dichiarato Patrimonio dell’Umanità nel 1979 dall’UNESCO – hanno studiato i cambiamenti nell’ambiente e negli habitat dei primi ominidi.

Il sito, noto come “la culla dell’umanità”, ha rivelato che nonostante i cambiamenti ambientali nel corso di 200.000 anni, i nostri antenati continuarono a vivere stabilmente anche se dovettero far fronte al riscaldamento globale, incendi, siccità ed eruzioni vulcaniche.

Tanzania, gli ominidi avevano già la capacità di migrare fuori dall’Africa

Lo studio mostra che le migrazioni “fuori dall’Africa” erano possibili anche durante i primi periodi della presenza di esseri umani, poiché i nostri antenati possedevano la capacità di espandersi in nuovi ecosistemi.

Il coautore Michael Petraglia, del Max Planck Institute for the Science of Human History, in Germania, ha affermato che è la prova di una flessibilità comportamentale.

Ha spiegato che ciò iniziato all’inizio dell’evoluzione degli ominidi e ha contribuito a “preparare il terreno per l’eventuale e dilagante diffusione globale dell’Homo sapiens”.

Gli scavi alla Gola di Oldupai hanno individuato la presenza di ominidi

Gli scavi alla Gola di Oldupai o Olduvai, hanno individuato la presenza di ominidi – i nostri antenati più primitivi – che vivevano tra 2 e 1,8 milioni di anni fa.

E’ stata portata alla luce, anche la più antica forma di strumenti di pietra, nota come Oldowan, insieme a un’ampia varietà di fossili di mammiferi tra cui bovini selvatici, maiali, ippopotami, pantere, leoni, iene, primati, rettili, uccelli e tutti erano stati macellati per nutrirsi.

A soli 350 metri dal sito sono stati trovati i resti di uno dei primi ominidi risalenti a 1,82 milioni di anni fa.

Nota come Homo habilis, per l’abilità con gli strumenti, la specie era alta circa 1,20 metri, braccia lunghe come quelle di una scimmia e un grande cervello.

Nonostante abbia dovuto far fronte a persistenti catastrofi meteorologiche, l’area è comunque rimasta occupata dai primi esseri umani, dimostrando che potevano adattarsi ai cambiamenti climatici.

Sono passati dai palmeti in riva al lago, prati disseminati di felci e boschi a paesaggi arsi da disastri naturali e steppe aride.

Le prove mostrano un periodico ma ricorrente uso del suolo in un sottoinsieme di ambienti, punteggiato da periodi in cui vi è un’assenza di attività.

Tanzania, l’adattamento degli ominidi alle trasformazioni ambientali

Pastory Bushozi, co-autore della Dar es Salaam University, in Tanzania, ha affermato:”L’occupazione di ambienti vari e instabili – anche dopo l’attività vulcanica – è uno dei primi esempi di adattamento alle principali trasformazioni ambientali”.

Il sito, si trova nella Great Rift Valley, tra il cratere di Ngorongoro e il Parco Nazionale del Serengeti.

Si è formato circa 30.000 anni fa, risultato di attività geologiche aggressive e dei corsi d’acqua.

Il ripido dirupo è lungo circa 48 chilometri e profondo 91 metri.
La Gola di Oldupai vanta record straordinari di specie umane estinte che coprono diversi milioni di anni e da più di un secolo gli esperti hanno esplorato gli affioramenti.

Lo studio. pubblicato su Nature Communications, mette in luce i contesti ambientali in cui questi ominidi hanno vissuto per la prima volta.
(Fonte: Daily Mail)