ROMA – In Giappone un terremoto come quello di Amatrice non avrebbe causato tanti crolli e quasi nessun morto. Parola di Yoshiteru Murosaki, ingegnere giapponese, docente emerito all’Università di Kobe, ordinario alla Kwansei Gakuin e direttore dell’Istituto per la prevenzione dei disastri. Insomma, un’autorità in fatto di edilizia anti-sismica. Con una media di 300 scosse al giorno, il 20% delle quali di magnitudo superiore al 6, il Sol Levante è da decenni all’avanguardia nella costruzione di edifici resistenti alla furia della terra.
Intervistato dal Corriere della Sera Murosaki mette in guardia l’Italia: “Temo che nel vostro Paese manchi una cultura della prevenzione”. A proposito del sisma che ha sconvolto il Centro Italia, l’esperto afferma:
“Non siamo in presenza di un terremoto dei più potenti, ovvero di un terremoto tettonico originatosi lungo i margini di placca. Questi terremoti, che si producono in seguito allo sfregamento di due placche contigue, sono quelli che rilasciano le maggiori quantità di energia, e quindi causano anche i maggiori disastri. Il terremoto che si è verificato in Italia è stato invece determinato dai movimenti di masse magmatiche in profondità, è quello che i sismologi giapponesi definiscono chokka jishin (terremoto localizzato) o nairiku jishin (terremoto interno). Questi terremoti, meno frequenti dei primi, hanno un’origine superficiale, un raggio dell’epicentro più limitato e una potenza inferiore”.
Di qui la domanda che in molti si pongono ogni volta che la terra trema: in Giappone avrebbe causato gli stessi danni?
“In presenza di onde sismiche del sesto grado Richter, è molto raro, sia in Giappone sia in Italia, che si verifichino danni agli edifici così ingenti come in questo caso. Lesioni di questa portata possono essere attribuite solo alla mancanza nelle costruzioni di adeguate strutture antisismiche. Normalmente, in Giappone, un terremoto di questa magnitudo e con vibrazioni di questo tipo non produce le vittime che ha prodotto il terremoto dei giorni scorsi nell’Italia centrale. Può essere che a fare la differenza sia la struttura in legno degli edifici rispetto a quella in mattoni. Certo, succede anche in Giappone che con terremoti tra il quinto e il sesto grado, cioè della stessa magnitudo di questo, si verifichino danni agli edifici e crolli, ma sono casi rari”.
Quel che fa specie è il paradosso di città come Tokyo, Kyoto, Osaka, dove svettano grattacieli altissimi, in grado di resistere a scosse di gran lunga più violente. La ricetta è un sistema di rinforzi, contrappesi, tiranti che rendono il cemento flessibile. Come fare in Italia, anche per preservare i borghi esistenti?
“Qui da noi, lo studio di misure antisismiche con cui mettere in sicurezza gli edifici storici e in generale i beni culturali del Paese progredisce costantemente. Ho l’impressione che in Italia, in confronto, una vera cultura della prevenzione a livello del cittadino comune sia ancora piuttosto carente. Certo, il vostro Paese ha un patrimonio edilizio molto più antico del nostro, e dunque non è agevole adattarlo alle necessità del presente. Però è indispensabile che le autorità, a ogni livello, vigilino perché le regole antisismiche siano rispettate rigorosamente: è questa l’unica strada per salvare, un domani, il maggior numero di vite umane. E anche di edifici”.