Uber nei guai. Ingegnere donna accusa manager di molestie, e l’azienda lo copre

di redazione Blitz
Pubblicato il 21 Febbraio 2017 - 16:14 OLTRE 6 MESI FA

SAN FRANCISCO – “Il mio capo a Uber mi ha scritto che cercava qualcuno con cui fare sesso”: l’accusa arriva dalla giovane ingegnere Susan Fowler, e ha buttato una nuova volta nel vortice della bufera il numero uno della società, Travis Kalanick, che nei giorni scorsi è stato costretto proprio dalle critiche a lasciare il posto di consigliere per gli affari economici di Donald Trump.

Il capo a cui Fowler si riferisce non è Kalanick, ma un superiore di cui lei non fa il nome. Un uomo, però, talmente potente a Uber che quando lei ha portato lo screenshot di quelle avances alle risorse del personale si è sentita rispondere che uno come lui, con una carriera così brillante e così in alto, non poteva essere messo nei guai da un “piccolo errore”.

Così Fowler ha lasciato l’azienda dopo tredici mesi, e adesso lavora per Stripe. Nel frattempo, però, ha raccontato sul proprio blog quello che ha dovuto subire in un post dal significativo titolo “Riflessioni su uno strano, molto strano anno ad Uber”.

Una volta che la polemica era ormai di dominio pubblico, il ceo Kalanick ha dato la propria risposta pubblica, e su twitter ha bollato l’accaduto come “orribile e contro tutto quello in cui crediamo”. Ha annunciato un’indagine, affidata all’avvocato Eric Holder (l’ex ministro della Giustizia di Obama), e ha chiesto l’aiuto della giornalista e imprenditrice Arianna Huffington, che fa parte del board di Uber.

Il problema è che il caso di Fowler è solo l’ultimo di discriminazione nella Silicon Valley. In tutte le aziende tech di ultima generazione la presenza femminile ridotta al lumicino: a Google sono il 19 per cento dello staff, a Facebook il 17 per cento. A Uber ancora meno, come ha notato Susan Fowler: “Quando arrivai a Uber, noi donne eravamo il 25%. Quando ho lasciato l’azienda, eravamo il 6%”. E nove su dieci di loro denunciano episodi di discriminazione o molestie.