Vaticano, il maggiordomo “agente doppio”?

Pubblicato il 5 Giugno 2012 - 10:02 OLTRE 6 MESI FA

Il maggiordomo del papa, Paolo Gabriele (in basso a sinistra). (Foto Lapresse)

ROMA – Paolo Gabriele “agente doppio”. Un accordo segreto con il Vaticano che permetterebbe alla Santa Sede di scovare tutti i corvi e al maggiordomo del papa di essere perdonato e scongiurare il carcere. E’ quello che sarebbe accaduto prima dell’arresto di Gabriele e che spiegherebbe un giallo davvero inconsueto: perché Gabriele, pur sapendo dell’inchiesta della Gendarmeria, teneva in casa le copie dei documenti trafugati? Il retroscena della vicenda lo racconta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:

Ecco allora profilarsi l’ipotesi di un accordo che però deve rimanere segreto per avere valore, nascosto anche a chi sta conducendo le indagini. Gabriele si trasforma in una sorta di agente «doppio» che continua a trattare con mandanti ed emissari, ma ha come vero obiettivo di portarli allo scoperto e farli individuare. Il maggiordomo comincia a muoversi con maggiore disinvoltura, concorda appuntamenti facilmente rintracciabili tanto che almeno uno di questi incontri sarebbe stato documentato. Continua a maneggiare lettere e documenti. L’ultimo atto si consuma il 23 maggio scorso quando gli uomini guidati da Giani entrano nel suo appartamento e lo arrestano. «Custodiva casse di documenti», fanno sapere dalla Santa Sede. Qualche giorno dopo si scopre che nella sua casa all’interno delle mura leonine Gabriele aveva svariati incartamenti già pronti per la consegna e un elenco di destinatari. Nomi che dovrebbe confermare durante l’interrogatorio formale che sarà poi inserito integralmente nella rogatoria per l’Italia. Il passo ritenuto necessario per tentare di frenare il volo di altri «corvi».

Il beneficio per Gabriele è presto detto: in cambio della sua (presunta) attività doppia potrebbe chiedere, e ottenere, il perdono del pontefice. Martedì, intanto, Gabriele è stato interrogato dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet alla presenza dei difensori Carlo Fusco e Cristiana Arrù.