Vatileaks, mons. Balda: Chaouqui minacciò. Passai documenti

di redazione Blitz
Pubblicato il 15 Marzo 2016 - 00:48 OLTRE 6 MESI FA
Vatileaks, mons. Balda: Chaouqui minacciò. Passai documenti

Vatileaks, mons. Balda: Chaouqui minacciò. Passai documenti (Francesca Immacolata Chaouqui e monsignor Balda, foto Ansa)

CITTA’ DEL VATICANO – Vatileaks, monsignor Lucio Vallejo Balda ammette di aver passato documenti ai giornalisti, ma con “la netta sensazione che le password Nuzzi le avesse già”.

Il prelato spagnolo ha fatto questa e altre ammissioni durante l’interrogatorio fiume a cui è stato sottoposto lunedì 14 marzo uno dei presunti “corvi” dell’inchiesta sulla fuga di documenti dal Vaticano.

Vallejo Balda ha parlato di un clima di pressioni e condizionamenti, oltre che di seduzioni e sospette millanterie, che a suo dire avrebbe subito dall’altra imputata Francesca Immacolata Chaouqui. La notte in albergo a Firenze in cui sempre Chaouqui, “che aveva un atteggiamento molto seduttivo” e “voleva conquistarmi a tutti i costi”, gli si presentò in camera. La descrizione di una specie di “comitato ombra” formatosi all’interno della Commissione Cosea sulle finanze vaticane, il cui scopo però andava ben al di là dei compiti d’ufficio, rivolto più ad acquisire documenti da far uscire sulla stampa.

L’udienza, durata tre ore e mezza, è stata quasi interamente dedicata all’audizione di Vallejo, ora tornato in cella per violazione dell’obbligo di non comunicare con l’esterno.

L’ex segretario della Prefettura degli Affari economici e della Cosea ha dapprima confermato nella sostanza quanto affermato nelle deposizioni durante le indagini e nel suo “memorandum” difensivo scritto in cella (“non l’ho scritto io, mi hanno aiutato”, ha specificato), entrando poi nel merito di molti punti finora controversi.

Spiegando il lavoro che avveniva nella Prefettura e la conservazione dell’archivio, ha messo in evidenza la scarsa sicurezza (ricordato anche il tentativo di furto avvenuto nella cassaforte), tanto che poi la Cosea per conservare i propri documenti chiese la disponibilità di una stanza a Casa Santa Marta.

Intanto, molte erano le scenate e le proteste nella Prefettura per l’abitudine di Vallejo di prelevare documenti dall’archivio senza richiesta scritta né – a dire di vari addetti sentiti dagli inquirenti – registrazione del prelievo. E in diversi hanno denunciato quella “super-commissione segreta” che vi si sarebbe nata all’interno.

Alla domanda-chiave “Lei ricorda di aver consegnato documenti ai giornalisti?” Vallejo prima ci gira intorno, parlando delle “cose dolorose” capitate alla fine dei lavori della Cosea, nell’estate del 2014, la preoccupazione per la Chaouqui rimasta senza lavoro, le iniziali “minacce” di quest’ultima per poter continuare a lavorare in Vaticano.

Poi, incalzato ammette: “Sì, ho passato documenti. Francesca – ha rievocato tra i molti altri episodi – mi ha raccontato di far parte dei servizi segreti, anzi di essere il numero due dei servizi segreti italiani”.

Si sentiva sempre più “pressato e controllato” dalla Chaouqui. Ha quindi ammesso di aver passato a Gianluigi Nuzzi un elenco di cinque pagine con 87 password dei documenti sulla sua casella email alla Cosea”.

“Ma avevo la sensazione e che lui le avesse già. Non ero forse nella mia lucidità – ha aggiunto -. E pensavo anche che la mia posta fosse già stata visionata”. Sospetti legati anche al fatto che a costruire il sistema di computer della Cosea, con i telefoni collegati, e a creare le password era il marito della Chaouqui, Corrado Lanino, consulente informatico “di cui mi fidavo”.

Era un periodo “in cui avevo capito che se non facevo questo la mia incolumità fisica era in pericolo”. Ma ha ricevuto minacce? “Quando cercavi di capire quale fosse il mondo della Chaouqui, lei mi portò a un pranzo con Luigi Bisignani, Paolo Berlusconi, Gianni Letta, persone molto conosciute negli ambienti della Santa Sede. Non avevo la certezza giuridica, né le prove, ma la certezza morale che Francesca avesse altri interessi, non completamente legittimi”, dice Vallejo. “Secondo me dietro di lei c’era un mondo pericoloso. E il giornalista Fittipaldi mi disse: ‘Ma guarda che in questo mondo c’è anche Nuzzi'”.

Fra gli episodi raccontati dal prelato spagnolo, quello del dicembre 2014, quando “Francesca si sentiva esclusa dal poter continuare il suo lavoro in Vaticano. Durante una conversazione davanti a Casa Santa Marta mi disse: ‘L’unico aiuto possibile può essere la mafia’“.

Spunta anche l’episodio quando lei le ventilò un incontro con il presidente americano Barack Obama; poi il concerto del Natale 2014 a San Pietro in Montorio che “mi aprì gli occhi” per la sua dubbia gestione dei soldi ottenuti dagli sponsor; l’autista assegnatogli “per controllarmi più che per proteggermi”; l’atteggiamento di Chaouqui “sempre più aggressivo” quando in un incontro col Papa, “Francesco mi confermò nel mio lavoro”.

“Sono stato sottoposto a una pressione enorme”, dice. E nei rapporti con i giornalisti si parla anche di “scambi” di documenti con Fittipaldi, mentre su Nuzzi “ero convinto che fosse stato informato da Francesca su mie cose personali”. Quali? “Di vita, di famiglia, in Spagna, degli amici”. Uno stato di stress, tra l’altro, che lo portò a chiedere l’aiuto di uno psicologo in Vaticano.

Nuzzi lunedì era assente perché martedì compare in un’altra udienza a Milano ed è stato dichiarato contumace. Acquisite la denuncia presentata da Chaouqui contro un giornalista spagnolo e le cartelle cliniche sulla sua gravidanza da cui si ipotizzerebbe il rischio di un parto prematuro. Il 15 marzo si continua, ancora con Vallejo, poi gli altri, per tutta la giornata. Il processo non finirà prima di Pasqua.