TOKYO –Tre convogli di aiuti, ognuno firmato dalla “cosca” donante. Anche la mafia giapponese, la temuta Yakuza, si sta pubblicamente impegnando per ridurre l’impatto dello tsunami e del terremoto contribuendo attivamente agli aiuti. Il Giappone è un paese molto lontano da noi, e non solo geograficamente. Ha una cultura che poco o nulla ha in comune con la nostra, ha un senso del dovere e un autocontrollo impensabili per noi: non un solo episodio di scacallaggio nella grande tragedia, ma tre colonne di aiuti targati mafia sì.
La cronaca, riportata da Repubblica, racconta come la criminalità organizzata giapponese si sia rimboccata le maniche per portare aiuto alle centinaia di migliaia di persone colpite dal terremoto-tsunami-emergenza nucleare. A leggere i resoconti degli ultimi giorni sembra che si sia innescata una corsa a fare del bene alla popolazione giapponese che non ha confronti col passato della mafia del Sol Levante. Tre esempi nitidi di questa “inversione” di tendenza sono arrivati nelle ore che hanno seguito la tragedia: alcuni tra i gruppi più noti della Yakuza hanno infatti gareggiato in uno sforzo di solidarietà ai cittadini. L’Inagawa-Kai, la terza organizzazione di mafiosi in Giappone fondata nel 1948, ha inviato nei territori disastrati della regione Tohoku, dei Tir carichi di vettovaglie, luci di emergenza, batterie, bevande e cibo. Lo stesso hanno fatto anche la seconda organizzazione, la Sumiyoshi-Kai, e la prima, la Yamaguchi-Gumi.
Un po’ come se la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta avessero organizzato le tendopoli abruzzesi dopo il terremoto o avessero inviato aiuti agli aquilani per la ricostruzione. Certo suona strano, sarebbe impensabile per noi vedere i camion della camorra che trasportano coperte per i terremotati ma, in realtà non è una cosa così assurda e priva di senso.
Le mafie, tutte, hanno bisogno per sopravvivere e per prosperare del sostegno o quantomeno della non ostilità della popolazione locale. Anche la storia del brigantaggio italiano, che in alcune realtà si è poi trasformato in criminalità organizzata, vede la nascita del fenomeno nella necessità delle singole popolazioni di aggregarsi per combattere quelle che riteneva prevaricazioni da parte dello stato centrale. Il servizio di leva, ad esempio, vissuto nell’Italia post unitaria come un assoluto abuso di potere perpetrato da Roma, fornì consenso e uomini alle nascenti mafie. Per la stessa ragione da sempre la criminalità organizzata italiana ha pensato e mantiene forme di sostegno economico e sociale per le famiglie dei suoi uomini finiti in carcere. Tutto questo serve a mantenere il consenso, indispensabile per fare affari.
Lo stesso fanno gli Stati che, quando la crisi è grave e c’è bisogno di sostegno, intervengono adempiendo ai loro compiti, mantenendo e acquisendo consenso. Quando la crisi è molto grave però, anche in presenza di uno Stato forte, c’è spazio per il sostegno di tutti, ad esempio quello della comunità internazionale. E anche le mafie acquisiscono, gestiscono, mantengono il consenso seguendo le stesse vie. A volte, anche senza che si verifichino eventi straordinari, quando le istituzioni sono “ordinariamente assenti”, le mafie si propongono come alternative allo Stato. Questo è avvenuto e avviene spesso in Italia, in maniera coperta e relativamente invisibile. Sta avvenendo anche in Giappone, alla luce del sole e questa è l’incredibile.
Inoltre, essere presenti nelle zone della catastrofe, può gettare le basi per affari futuri. Non solo consenso dunque ma, come hanno sottolineato molti economisti, il Giappone distrutto è anche un’ottima occasione per investire. Warren Buffet l’ha definito “un’opportunità”. E se la ricostruzione del Giappone sarà un’occasione per gli investitore stranieri e non può esserlo anche per la Yakuza. Nel post terremoto ci saranno cantieri, commesse, lavori pubblici e privati e gireranno un mucchio di soldi. La mafia giapponese, la Yakuza, non ha evidentemente intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione. Dopo i terremoti anche da noi succede la stessa cosa, solo che le nostre mafie sinora si sono dedicate più agli appalti che ad organizzare camion di aiuti.
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