Torino, parte la pillola abortiva senza ricovero

Pubblicato il 5 Febbraio 2010 - 09:16| Aggiornato il 6 Febbraio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Sulle modalità della pillola abortiva decideranno insieme la donna e il ginecologo

A Torino da fine febbraio sarà possibile prendere la pillola abortiva senza ricovero.

Appena il farmaco sarà a disposizione, l’ospedale Sant’Anna di Torino, dove nel 2005 si è svolta la sperimentazione che aveva scatenato le reazioni dell’allora ministro Francesco Storace, è pronto a partire con l’aborto farmacologico. Il protocollo studiato dal gruppo di lavoro regionale nominato dall’assessore alla sanità Eleonora Artesio indica che non ci saranno diktat esterni: a scegliere l’eventuale ricovero o il day hospital saranno la donna e il medico, che insieme valuteranno le condizioni fisiche e psicologiche, la situazione familiare, tutte quelle variabili che possono indirizzare la scelta in un verso o nell’altro.

Una scelta che peraltro potrà essere cambiata in caso di necessità. La commissione regionale piemontese si incontrerà ancora una volta, ma il protocollo di applicazione è ormai definito: nessun ricovero obbligatorio fra la prima e la seconda somministrazione del farmaco abortivo, ma neppure la scelta netta del day hospital. La decisione spetta ai medici e alle donne che insieme sceglieranno il percorso ritenuto più adeguato.

Saranno rispettate le procedure previste dalla legge 194 e le donne firmeranno un consenso informato al quale saranno affiancate delle note informative.

Se il Piemonte ha preferito puntare sulla libertà di scelta, l’Emilia Romagna, dove finora la pillola abortiva veniva importata direttamente, ha invece intenzione di proseguire con il day hospital. Diversa la posizione della Lombardia, orientata verso il ricovero e negli ultimi mesi al lavoro per garantire i posti letto necessari. Secondo il modello già seguito con la sperimentazione condotta al Sant’Anna – in nove mesi, dal settembre del 2005, 362 donne hanno abortito con la pillola abortiva – si potrà somministrare la Ru486 su quattro o sei pazienti al giorno due volte alla settimana, spiegano i medici.