Dagospia: Draghi al Quirinale, Monti bis, Casini presidente Senato, Berlusconi “regista”

Pubblicato il 24 Settembre 2012 - 15:28 OLTRE 6 MESI FA
Un fotomontaggio di Dagospia

ROMA – Italia 2013: Mario Monti sarà di nuovo presidente del Consiglio; Mario Draghi al Quirinale; Pier Luigi Bersani vicepresidente del Consiglio; Pier Ferdinando Casini presidente del Senato; Silvio Berlusconi semplice deputato ma grande manovratore dietro le quinte; Matteo Renzi erediterà da Bersani la guida del Pd, con la promessa di poter “rottamare” Walter Veltroni e Massimo D’Alema; Luca Cordero di Montezemolo non sarà candidato ma ministro degli Esteri in quota alla “società civile”; Beppe Grillo si troverà incastrato dalla nuova legge elettorale. In un lungo elenco Dagospia, il sito di Roberto D’Agostino, “vede” il futuro dei personaggi di primo piano della politica italiana, incrociando in un “Dagoreport” le anticipazioni provenienti dalle sue tante fonti dentro i palazzi della politica.

In testa a questo lungo retroscena c’è quello che si sussurra dentro la Banca d’Italia:

1- BANCA D’ITALIA. Da alcuni giorni ha scodellato sul tavolo del presidente del Consiglio e del ministro dell’Economia le sue previsioni riservate sul 2013. Nessuna ripresa rispetto al fondo che stiamo toccando quest’anno, ma un aggravamento della crisi nella prima parte dell’anno e, di fatto, affidamento alla Divina Provvidenza per la seconda parte. Ciononostante, Monti Mario (vedi voce) continua a vedere la luce.

Un altro retroscena del Dagoreport è l’annuncio da parte di Berlusconi della sua non candidatura a premier. Annuncio comunicato a Napolitano, a Monti e allo stato maggiore di Forza Italia:

2- BERLUSCONI SILVIO. E’ assolutamente certo che non si ricandida. Non solo, la notizia è che lo ha comunicato riservatamente a chi di dovere, cioè al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. Non solo: anche lo stato maggiore del Biscione è stato avvertito. Anche per questo nessuno gli ha risposto quando ha proposto di abolire l’Imu, altrimenti il governo si sarebbe affrettato a dire che con i conti che abbiamo non si può toccare nulla. Sarà candidato alla Camera o al Senato, ma non più candidato premier. 

Del resto, con la legge elettorale in discussione tale sacrificio non sarà più necessario perché sulla scheda non vi sarà più l’indicazione di chi andrà a Palazzo Chigi in caso di successo elettorale. In queste settimane Silvio B. sta lavorando per avere i voti minimi necessari per partecipare al tavolo della grande coalizione che dovrà forzatamente nascere dopo il voto nel nome di Monti. 

E sta selezionando i nomi che potrebbe indicare per alcune posizioni importanti nel governo che verrà. Intanto, dopo tre sondaggi condotti da tre sondaggisti diversi, ha dovuto accantonare l’ipotesi di candidare Luca di Montezemolo come suo successore nel Pdl. In nessuno dei sondaggi il presidente della Ferrari arrivava primo, nemmeno in una ipotesi in cui nella coalizione di destra rientrava l’Udc. Di fatto con il Pdl l’ex presidente di Confindustria sottraeva voti, non aggiungeva quelli che avrebbe preso se si presentasse da solo con Italia Futura. Risultato (d’accordo con Gianni Letta), meglio tenerlo come carta di riserva da giocarsi nel dopo voto come esponente della cosiddetta società civile, a patto che non si candidi nemmeno con Italia Futura e che Italia Futura non presenti liste a lui riconducibili. 

Nel futuro di Bersani, secondo Dagospia, non c’è la presidenza del Consiglio, neanche se dovesse stravincere le elezioni politiche:

3- BERSANI PIER LUIGI. Se vince le primarie e poi le elezioni farà il vicepresidente politico unico di Monti Mario e potrebbe sostituirlo nel 2014 quando l’uomo che vede la luce si trasferirà in Europa al posto di Van Rompuy. Se pareggia o vince di poco sarà uno dei vicepresidenti. Intanto lui e Renzi Matteo (vedi) potrebbero essere in fase avanzata di trattativa per il seguente accordo: Bersani vince le primarie, Renzi le perde bene ma eredita il Pd e può rottamare Veltroni Walter e D’Alema Massimo (vedi).

Casini secondo Dagospia, insieme a Berlusconi, sarà il grande manovratore nel Parlamento della prossima legislatura:

4- CASINI PIER FERDINANDO. Fa la “rivoluzione” generazionale nell’Udc con la grande trovata di candidare i figli dei suoi attuali deputati e senatori. Tutto in famiglia. Punta a fare il presidente del Senato visto che al Colle sarà difficile perché Angela Merkel, nostra signora di Germania, vi ha destinato Draghi Mario per liberare la Bce per un tedesco. Se si torna al proporzionale, ritiene di avere ampi spazi di manovra in Parlamento con la sua pattuglia, non essendo vincolato a nulla e conoscendo bene il brodo cucinato per decenni dalla Dc.

Per D’Alema, bene che (gli) vada, Dagospia vede un ministero degli Esteri:

5- D’ALEMA MASSIMO. Sta per partire per gli Stati Uniti per partecipare ai lavori della Fondazione di Bill Clinton, dove spera di giocarsi le carte residue per la segreteria generale della Nato, al posto di Rasmussen che scade a giugno (ma che va avvicendato entro l’anno per il tradizionale semestre di passaggio di consegne). Pensava che con gli americani bastasse l’aiuto che da premier diede alla guerra nel Kosovo, ma gli è stato preferito Frattini Franco (vedi). In caso di Pd primo partito e non di misura chiederebbe gli Esteri, ultima chance prima della definitiva rottamazione. 

Il 2013 non sarà un anno facile per Beppe Grillo, secondo il mago Dago:

6- GRILLO BEPPE. La legge elettorale proporzionale serve soprattutto a frenarne lo slancio. Deve mettere in campo candidati che si battono sul territorio e gli italiani sono abituati male: vogliono vedere di persona, non via Internet. La credibilità dei suoi candidati si gioca tutta lì. E sarà molto meno facile rispetto ad una indicazione plebiscitaria e protestataria di un uomo solo, seppure comico di professione.

Franco Frattini avrebbe battuto Massimo D’Alema:

7- FRATTINI FRANCO. Ha vinto la battaglia per la segreteria generale della Nato, anche se D’Alema (vedi) ancora non ci vuol credere. Come Antonio Tajani: passando del tempo a Bruxelles almeno non è stato direttamente coinvolto nel trash laziale, che pure ben conosce.

Montezemolo, secondo Dagospia, non si candiderà. Potrebbe essere un buon ministro degli Esteri:

8- MONTEZEMOLO (di) LUCA. La margherita è rimasta senza petali e l’ultimo dice: non mi candido. Del resto, non può: non ha i fondi e la forza per presentarsi da solo (e con la frammentazione indotta dal proporzionale non sarebbe nemmeno conveniente) e deve mantenersi politicamente vergine per essere utilizzato dopo nella logica proporzionale, come esponente della cosiddetta società civile, magari con la sponsorizzazione di Letta e Berlusconi: vicepresidente del Consiglio in condominio con Bersani è l’obiettivo massimo, ma accetterebbe anche il Ministero degli Esteri, dove farebbe molto bene. Con buona pace dei ragazzi di Italia Futura e con il sollievo dei suoi amici di Dubai, con i quali potrebbe continuare ad intrecciare affari e turismo.

Mario Monti secondo Dagospia sarà riproposto dai partiti come premier dopo che alle elezioni non uscirà nessun vincitore netto:

9- MONTI MARIO. L’uomo che vede la luce a prescindere, sta valutando cosa personalmente gli conviene di più per trasformare la sua parabola da tecnica a politica, visto che (per quanto strumento novecentesco) le elezioni esistono ancora. Una lista Monti, che pure alcuni uomini degli ex poteri forti italiani gli chiedono, è da escludere perché sa benissimo che le elezioni capiteranno nel momento più acuto della crisi economica, quella che lui stesso ha ammesso di aver aggravato perché non si poteva fare altrimenti. Certo, gli italiani difficilmente lo ringrazierebbero con un plebiscito, soprattutto a sud. Oppure deve farsi legittimare dai partiti impauriti da risultati che non daranno un vincitore netto, e che perciò dovranno investirlo di legittimità derivata dal voto. In ogni caso sarà un altro film e se dirà che vede la luce non sarà più una luce tecnica ma politica. Sarà cioè come i suoi sponsor.

Il lungo elenco di previsioni si chiude con Renata Polverini, Matteo Renzi, Diego Della Valle e Giorgio Squinzi

10 – POLVERINI RENATA. Almeno Formigoni ha sgovernato per vent’anni. Avrebbe potuto diventare un’eroina vera e non un’ex animaletto da Ballarò se avesse usata l’arma fine di mondo delle dimissioni e non avesse pietosamente mentito da Formigli: non posso dimettermi perché devo fare i conti con i partiti. In realtà, essendo eletto direttamente dal popolo, le dimissioni del presidente di una regione significa lo scioglimento del Consiglio regionale e nuove elezioni. Purtroppo, la destra ex fascista al potere, da Alemanno e dintorni, è stata oggettivamente la delusione principale dell’ultimo ventennio.

11- RENZI MATTEO. Vedi Bersani Pierluigi. In aggiunta, si spera che i fasti della provincia di Firenze siano stati inferiori a quelli della Regione Lazio.

12- DELLA VALLE DIEGO. Diego Della Valle ha assunto toni cossighiani (il Picconatore ci perdoni) nel fustigare i suoi colleghi imprenditori e banchieri. Sa stare in televisione, e talvolta buca il video più di tanti professionisti della politica o dei tecnici che vedono la luce. Deve badare ai suoi affari nel mondo e ha bisogno di tempo per godersi i suoi aerei e le sue barche, ma alla fine il gioco del potere è quello che lo affascina di più. Se fosse lui la sorpresa delle elezioni 2013, avrebbe il plauso di Clemente Mastella e una leggera invidia di Montezemolo (di) Luca (vedi).

13- SQUINZI GIORGIO. Con tempismo da passista si trova spesso su posizioni diverse da Monti Mario sulla consistenza e la durata della crisi. All’inizio i suoi colleghi imprenditori quasi lo accusavano di lesa maestà. Alla quarta volta di seguito hanno capito, si spera, che ha ragione lui.