Extracomunitari diminuiscono in Italia. Soprattutto quelli che lavorano

di Riccardo Galli
Pubblicato il 16 Novembre 2017 - 12:35 OLTRE 6 MESI FA
extracomunitari-ansa

Diminuiscono gli extracomunitari in Italia (foto Ansa)

ROMA – Cala il numero degli immigrati extracomunitari in Italia. Per qualcuno è una sorpresa mentre per altri è un dato atteso, ma indipendentemente da come la pensi Matteo Salvini questo non è un bene, anzi. Non è un bene perché quelli in calo sono gli immigrati ‘buoni’, quelli cioè che sono in Italia da anni e che erano quindi già integrati, insieme a quelli che rinunciano al nostro Paese perché non offre lavoro.

Calano quindi, ma non per i muri che qualcuno vorrebbe mettere ma perché l’Italia non è più attraente. Almeno per chi cerca un lavoro e una nuova vita. I numeri li fornisce una ricerca dell’Istat (“Cittadini non comunitari: presenza, nuovi ingressi e acquisizioni di cittadinanza”) che ha registrato nel 2016, per la prima volta da circa vent’anni, il calo dei permessi di soggiorno per i cittadini extracomunitari. “Da anni si registra un numero minore di nuovi flussi in ingresso che non compensano i permessi scaduti (particolarmente numerosi durante il 2016) e le crescenti acquisizioni di cittadinanza”, spiegano i ricercatori Istat. Ma è scomponendo i dati per categoria che si riesce a far luce sulla dinamica delle migrazioni e capire come questo non sia un buon segno per il nostro Paese. A diminuire in numero e percentuale maggiore sono infatti i permessi per lavoro, che hanno toccato il minimo storico e non arrivano nemmeno a quota 13mila (appena il 5,7% del totale), praticamente dimezzatisi nell’ultimo anno.

Un segno inequivocabile della scarsa attrattività del Paese dal punto di vista dell’offerta occupazionale e delle prospettive che offre in generale, ma anche un dato con riflessi sociali visto che chi ha un permesso per lavoro ha, per definizione, anche un lavoro e per fortuna di tutti regolare. Con quello che questo significa in termini di contributi, tasse, integrazione e capacità d’acquisto. Crescono e continuano invece a crescere in termini sia assoluti (+10.656 permessi rispetto al 2015) sia relativi i flussi per motivi di asilo e protezione umanitaria: con oltre 77mila e 900 nuovi ingressi superano il 34% del totale dei flussi 2016 (+6% in un anno). Mentre i permessi per famiglia, pur continuando a rappresentare il più rilevante motivo di ingresso (45,1% dei nuovi permessi), calano di 4.745 unità (-4,4%) rispetto al 2015. Se non viene più chi cerca lavoro, anche chi in Italia è già arrivato decide, in molti casi, di non rimanere.

“Da un’analisi realizzata dall’Istat sui migranti entrati con la regolarizzazione prevista ai sensi delle leggi 189/02 e 222/02 risultava che oltre l’82% si trovava ancora in Italia al 1° gennaio 2014 – spiegano ancora i ricercatori – mentre elaborazioni più recenti, relative a coloro che erano entrati nel 2007, metteva in luce che gli ancora presenti al 1° gennaio 2012 erano circa il 66,7%”. Oggi la percentuale continua a scendere: tra i migranti arrivati in Italia nel 2012, solo il 53,4% è ancora presente nel nostro Paese al 1° gennaio 2017. Chi arriva in cerca di protezione e asilo politico ha infatti la tendenza a restare in Italia meno rispetto agli altri migranti (solo il 51% rimane nel Paese). E anche gli stranieri arrivati per i ricongiungimenti familiari restano solo nel 65,8% dei casi.

E i motivi sono, almeno in buona parte dei casi, gli stessi per cui diminuiscono i permessi di lavoro. Chi arriva con il permesso d’asilo ha infatti spesso l’obiettivo di raggiungere familiari in altre parti d’Europa, ma chi ha qui i familiari e decide di lasciare l’Italia lo fa perché crede, spesso a ragione, di aver maggiori possibilità di trovar fortuna altrove. Persino un numero non trascurabile di migranti arrivati nei primi anni Duemila, che oggi ha acquisito la cittadinanza italiana, ha deciso di lasciare il Paese. Tra il 2012 e il 2016 sono oltre 541mila i cittadini non comunitari divenuti italiani, ma nello stesso periodo però più di 24mila persone (di cui il 54,1% solo nel 2016) si sono trasferiti all’estero dopo aver ottenuto il passaporto tricolore. La foto fatta dall’Istat, per quanto potrebbe avere un titolo caro ai trumpiani di casa nostra, nasconde invece tra le righe un messaggio allarmante. Se l’immigrazione per motivi di lavoro è ai minimi storici, se i nuovi flussi sono perlopiù legati ai ricongiungimenti familiari e alle richieste d’asilo, e quasi la metà degli immigrati più recenti lascia il Paese nel giro di qualche anno – compreso chi ha conquistato l’agognata cittadinanza – , questi non sono infatti sintomi di buona salute per il nostro Paese.