Pensioni d’oro: da Amato a Malaschini (519 mila) i “grand comis” sfuggiti alla lista

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Novembre 2013 - 13:34 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni d'oro: da Amato a Malaschini (519 mila) i "grand comis" sfuggiti alla lista

Pensioni d’oro: da Amato a Malaschini (519 mila euro lordi, nella foto in piedi) i “grand comis” sfuggiti alla lista

ROMA – Pensioni d’oro: da Amato a Malaschini (519 mila) i “grand comis” sfuggiti alla lista. Esistono pensioni d’oro e pensioni d’oro: quelle che splendono di più, in rapporto ai contributi versati, sono quelle dei grand comis di Stato, al bivio tra politica e alta burocrazia. Importi d’oro ma nessuna lista di “proscrizione” come avvenuto per esempio con la pubblicazione della speciale classifica guidata dall’ex manager Telecom Mauro Sentinelli e i suoi 90 mila euro e rotti mensili lordi. Ma dall’elenco dei privilegiati a peso d’oro è stato sbianchettato qualche nome eccellente, va da sé, grand comis. Fornisce l’integrazione mancante alla “vertigine della lista” (direbbe Umberto Eco) Edoardo Di Blasi de il Fatto Quotidiano, a partire da due figure emblematiche, l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato e Antonio Malaschini, segretario generale del Senato e ministro tecnico in epoca Monti, con tanto di cumulo tra stipendio e pensione.

Nella classifica, guidata dall’ex manager Telecom Mauro Sentinelli (che riceve mensilmente la bellezza di 91. 337, 18 euro lordi), figurano i circa 45 mila euro di Vito Gamberale, o i 52 mila di Mauro Gambaro, già direttore generale di Interbanca. Non ci sono però né i 43 mila di Malaschini, né i 31 mila di Giuliano Amato, né i 40 mila di Lamberto Dini e nemmeno i 27. 500 dell’ammiraglio Giampaolo Di Paola, che, ministro del governo Monti (era alla Difesa), denunciò una pensione lorda di 329. 441, 44 euro l’anno (cui aggiungeva una parte mobile di 29 mila euro per “servizi svolti all’estero”). Al conto manca poi sempre una pensione che per anzianità di servizio e ruoli ricoperti dovrebbe spettare a Gaetano Gifuni, predecessore di Nocilla alla segreteria generale di Palazzo Madama. Gifuni passò infatti dal Senato al Quirinale. E vi rimase, prima come segretario generale, poi nella veste inedita di “onorario” fino al gennaio passato. (Eduardo Di Blasi, Il Fatto Quotidiano)

Questi nomi probabilmente solo i più noti di un lungo elenco rimasto misterioso. Non figurano cioè nell’elenco che il sottosegretario al Lavoro Carlo Dell’Aringa consegnò, su richiesta del deputato del Pdl Deborah Bergamini, individuando quei nomi come le 10 pensioni d’oro erogate dall’Inps. Il caso di Malaschini è esemplare: già nel 2007 l’Espresso stimava 475 mila euro annui il suo stipendi alla guida della macchina del Senato. Non figura nell’elenco, da pensionato beneficia di un assegno con un tasso di sostituzione rispetto allo stipendio praticamente pari a zero, ma non può vantare, come i manager privati d’oro, decenni di contributi pensionistici in proporzione alle alte retribuzioni godute, sia da parte dagli stessi dirigenti che dall’azienda erogatrice.

Antonio Malaschini, classe 1947, denunciò all’epoca del governo Monti una pensione di 519. 015, 45 euro lordi (277. 120, 70 netti), 43 mila e rotti euro al mese, quasi 1. 500 al giorno, cui cumulava, nei mesi in cui, fresco pensionato, finì ministro nel governo tecnico del Professore, i 188. 868, 91 euro (netti 106. 005, 09) legati alla carica. Come si fa ad andare in pensione con mezzo milione di euro lordi l’anno lavorando per lo Stato? In buona parte ciò è dipeso dalle retribuzioni di Palazzo Madama, l’istituzione nella quale il nostro ha scalato negli anni i ruoli fino alla carica di segretario generale. (Eduardo Di Blasi, Il Fatto Quotidiano)