Addio ripresa: -0,3% nel 2014, 0,5% nel 2015. Dove trova i soldi Renzi?

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Settembre 2014 - 10:54 OLTRE 6 MESI FA
Addio ripresa: -0,3% nel 2014, 0,5% nel 2015. Dove trova i soldi Renzi?

Addio ripresa: -0,3% nel 2014, 0,5% nel 2015. Dove trova i soldi Renzi?

ROMA – Addio ripresa: Pil a -0,3% quest’anno, + 0,5% nel 2015. Dove trova i soldi Renzi? La crescita del Pil a fine anno non ci sarà e anzi risulterà in contrazione dello 0,3%, il deficit giungerà a sfiorare la soglia di Maastricht (2,9%). Nel 2015 la crescita secondo il governo si attesterà su un modesto +0,5%, mentre sull’indebitamento netto dello Stato le verifiche sono ancora in corso: bisogna attendere anche anche la legge di Stabilità, in ogni caso probabilmente si rimarrà vicini al 3%, cioè molto di più di quel 1,8% cui si erano impegnati prima Letta poi  lo stesso Renzi (il debito in rapporto al Pil non dovrebbe superare il 130% rispetto al Pil).

E’ quanto sarà scritto (secondo le anticipazioni del Fatto Quotidiano) sulla nota di aggiornamento del Def, il primo ottobre prossimo, un po’ in ritardo per aggiornare il computo ai nuovi criteri Istat (sono calcolati anche i proventi delle attività illegali). La doccia gelata sui conti era attesa, tanto è vero che il ministro Pier Carlo Padoan ha già avvertito Bruxelles per cui, stante la situazione finanziaria l’Italia non applicherà quest’anno il Fiscal Compact. Può contare, nonostante l’ostilità tedesca, sul supporto del nuovo commissario agli affari economici, il francese Moscovici, che minaccia la procedura d’infrazione anche per gli eccessi di surplus (Germania). Ma come impatta la mancata crescita (e quindi l’impossibilità di recuperare altre risorse) sull’azione del governo?

E’ in Italia però, paradossalmente, che la partita dei conti pubblici è più complicata per Matteo Renzi visto che si intreccerà coi problemi sul cosiddetto Jobs Act. Ecco come. La minoranza Pd aveva proposto una base di mediazione sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori modulando la sua entrata in vigore negli anni: gli inventori del contratto unico a tutele crescenti, gli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi, su lavoce.info avevano proposto un meccanismo 3+3 (in sostanza il reintegro scatterebbe dopo sei anni).

Dagli Stati Uniti, però, Renzi ha sconfessato i suoi e detto no a qualunque forma di mediazione. Bene, è la risposta, allora lunedì nella Direzione del partito bisognerà discutere di lavoro e di Legge di Stabilità insieme: “Condividiamo che le tutele debbano essere universali, cioè uguali per tutti – ha spiegato ieri Cesare Damiano –. Per noi va bene che gli ammortizzatori sociali siano estesi a tutti, anche a quelli che non ce li hanno, sebbene ciò abbia un costo di 8,4 miliardi di euro l’anno per un sussidio di 700 euro mensili a un milione di disoccupati” (quelli ufficiali sono 3,3 milioni).

Tradotto: Matteo, dove li prendi i soldi? “Lunedì in Direzione Renzi si prenderà lo scalpo dell’articolo 18 umiliando la minoranza – è la previsione di un dirigente Pd – ma poi che se ne fa? A metà ottobre alla Camera arriveranno insieme tanto la delega sul lavoro che la manovra e lì si decide tutto: certo non può abolire l’articolo 18 e rinviare gli ammortizzatori sociali alle calende greche”. (Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano)