Alitalia, Antonio Di Pietro: “Governo paralizzato, come Prodi con Air France”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Luglio 2014 - 10:48 OLTRE 6 MESI FA
Alitalia, Antonio Di Pietro: "Governo paralizzato, come Prodi con Air France"

Alitalia, Antonio Di Pietro: “Governo paralizzato, come Prodi con Air France”

ROMA – Alitalia, Di Pietro: “Governo paralizzato, come Prodi con Air France”. L’attivismo del Governo, in prima linea il ministro Lupi, nella difficile trattativa che dovrebbe garantire la sopravvivenza di Alitalia attraverso l’ingresso dei soci arabi di Etihad, sarebbe solo di facciata, almeno secondo l’ex ministro Antonio Di Pietro. Che, intervistato da Carlo Di Foggia sul Fatto Quotidiano, torna al 2008, ai tempi dell’annunciata fusione con Air France poi fallita, per colpa, a suo dire, dell’insipienza del governo Prodi (“Nessuno nel governo fece qualcosa per condurla davvero in porto. Si è scritto e detto tanto sulle pressioni esterne, ma poco sull’immobilismo dell’esecutivo”). Un governo paralizzato come quello di oggi, è il suo lapidario giudizio.

“Quando parlavi con Prodi – che io chiamo il buonista – ottenevi sempre una sfilza di sì. Poi non accadeva nulla. Era una compagine raffazzonata, non c’era una strategia: a me diedero le infrastrutture solo per scorporare in due il ministero dei Trasporti e accontentare anche i comunisti italiani”. Eppure i vertici francesi vennero ricevuti più volte dal governo italiano. “Che però non fece molto per risolvere il nodo sindacati. È lo stesso copione che si ripete anche oggi: si lascia che le sigle dei lavoratori si scannino per ragioni di bottega, sperando che alla fine cedano per sfinimento. Allora restammo a guardare, oggi l’esecutivo ripete l’errore senza che però ci sia un’alternativa: se non chiudono con Etihad falliscono. Il paradosso è che forse non sarebbe il male peggiore”.

Portare i libri in tribunale sarebbe una soluzione? “È una procedura dove ognuno si assume le sue responsabilità: chi ha distrutto una compagnia con scelte sbagliate non se la caverà come nel 2008, quando tre miliardi di euro – tra debiti e ammortizzatori sociali – vennero accollati allo Stato, cioè ai contribuenti. Poi si riparte da zero. In molti altri Paesi stranieri si è proceduto in questo modo, senza drammi”. (Carlo Di Foggia, Il Fatto Quotidiano)