Il “sogno americano” diventa asiatico: cambiati i flussi migratori

Pubblicato il 15 Novembre 2011 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’Asia sarà la nuova America. I flussi migratori dettati dalla ricerca di un lavoro e di una migliore condizione di vita si spostano secondo L’International organization for migration, Iom, agenzia partner dell’Onu che è specializzata nello studio e nella gestione dei flussi migratori nel mondo. I paesi del Sud del mondo stano emergendo da un punto di vista economico e necessitano di maggiore manodopera, mentre nei paesi del Nord i tassi di disoccupazione aumentano. Un dato allarmante però per America e Europa, che entro il 2060 potrebbero ritrovarsi senza manodopera e dunque dover incentivare l’immigrazione.

Negli Usa il tasso di disoccupazione è del 9 per cento, mentre in Messico dell’11,4%, inutile dunque cercare di passare le frontiere mentre il “sogno americano” rischia di diventare un incubo. Tra il 2010 e il 2011 negli Stati Uniti si è registrato un calo di immigrazione legale di circa 7 milioni di persone, calo che potrebbe dipendere dal divieto di richieste di carta verde al Bangladesh deciso dal Dipartimento di Stato.

Secondo la Iom i paesi del Golfo Persico attirano sempre più lavoratori dal Medio Oriente, mentre paesi come la Thailandia, Singapore e la Malaysia attirano quelli dell’Estremo Oriente. La Cina diventerà la meta prediletta della forza lavoro, dato che tra il 2015 e il 2060 la popolazione in età da lavoro dovrebbe diminuire di 264 milioni di persone.

Una cambio di tendenza dei flussi migratori  che potrebbe diventare un pericolo per Europa e Stati Uniti, dove il calo della fertilità rischia di arrestare a 600 milioni di persone fino al 2050 la popolazione in età da lavoro. Un calo di forza lavoro che i paesi sviluppati dovranno compensare attirando nuovi flussi migratori, per non perdere la propria produttività e dunque la propria ricchezza.

Questo fenomeno potrebbe essere però legato anche ai cambiamenti climatici, come svela su Science Alex De Sherbinin, studioso dell’Earth Institute della Columbia University. Nel 2008 sono state 20 milioni, secondo dati Onu, le persone costrette a lasciare le proprie case per disastri naturali. Numero che sembra destinato ad aumentare fino a 200 milioni di persone entro il 2050.