La crisi minaccia i Comuni: centinaia di città europee e americane a rischio bancarotta

Pubblicato il 24 Dicembre 2010 - 06:14 OLTRE 6 MESI FA

«Fa tutto parte dello stesso problema: l’indebitamento del settore pubblico deve essere tagliato, c’è bisogno di molta austerity. Prima ha colpito i governi centrali, ora sta colpendo le amministrazioni locali»- così, sintetizzata in poche parole, è definita la situazione economica da Philip Brown, amministratore delegato di Citigroup a Londra.

La tempesta finanziaria ed economica è passata lasciando dietro di sé un paesaggio di disoccupazione e bassa crescita, e proprio quando il peggio sembra dietro le spalle, diversi autorevoli analisti mettono in guardie sui possibili colpi di coda della peggiore recessione dal 1929. L’indebitamento eccessivo e le spericolatezze della finanza derivata non hanno infatti riguardato solo le banche e i governi centrali, ma anche, e a volte in misura massiccia, le istituzioni locali. Potrebbero essere loro i prossimi a cadere nel domino delle bancarotte.

Più di cento città americane potrebbero fallire l’anno prossimo. Ad annunciare la drammatica previsione è Meredith Withney, una dei più autorevoli analisti finanziari. Fu lei, insieme ad un pugno di altre voci nel deserto, a profetizzare la crisi imminente. Nel 2007, quando ancora i mercati erano travolti dall’euforia e da una criminale spensieratezza, la Withney prevedeva che Citigroup, all’epoca la banca più grande del mondo, avrebbe scontato una drammatica recessione. Nessuno, chiaramente, la prese sul serio, salvo poi ricredersi quando la bolla scoppiò.

«Dopo l’alloggio – ha detto Withney durante un programma della CBS – il debito delle municipalità è il problema più importante negli Stati Uniti e senz’altro la più grave minaccia all’economia statunitense. Non c’è dubbio, secondo la mia opinione, che vedremo una serie di inadempienze nei confronti dei creditori. Ne vedremo da cinquanta a cento di taglia considerabile. Questo porterà ad un’inadempienza complessiva del valore di centinaia di miliardi di dollari.»

Il problema delle municipalità è aggravato anche quello della loro solitudine. Mentre i governi centrali e le banche sovranazionali sono pronti a salvare le banche e gli istituti assicurativi, lo stesso non può dirsi per le città, i comuni, le province. «Le città sono da sole. I governi non accorreranno in loro aiuto – afferma Andres Rodriguez-Pose, professore di geografia economica alla London School of Economics – Le città dovranno pagare i loro debiti e in certi casi dovranno portare avanti dei tagli drammatici, come quelli di Detroit.»

La città di Detroit vive una recessione economica più che decennale, causata dal declino dell’industria automobilistica, per quasi un secolo il motore economico della regione. I tagli che l’attuale amministrazione sono all’insegna del motto “lacrime e sangue” e colpiscono tutti i settori più vitali, dalla polizia, alla manutenzione delle strade, fino alla nettezza urbana. Sono molte altre le città, o le amministrazioni regionali che sono confrontate a simili sacrifici in America. La California ha alzato del 32% le tasse scolastiche universitarie, mentre l’Arizona ha venduto i palazzi del Campidoglio e della Corte Suprema.

E se l’America piange, l’Europa non ride. Anche nel Vecchio Continente, le municipalità sono sull’orlo del lastrico e qui le differenze tra Nord e Sud sono meno accentuate di quanto si possa pensare. I prestiti contratti dalla città di Napoli sono vicini, secondo le agenzie di rating, allo statuto di junk, ovvero spazzatura (amaro parallelismo). Venezia dal canto suo ha dovuto mettere in vendita alcuni dei suoi gioielli all’asta, edifici storici affacciati sui superbi canali della Serenissima che andranno in mano di privati per finanziare gli ingenti debiti della città.