La crisi fa rallentare in Italia il volume delle transazioni sui mercati dei cambi e dei prodotti derivati da parte delle banche mentre nel mondo i due settori crescono, seppure a ritmo minore, dopo il boom fra il 2004 e il 2007, conosciuto prima dell’arrivo della tempesta finanziaria in cui era esploso il ruolo degli hedge fund.
L’indagine, condotta dalla Banca d’Italia assieme ad altre 53 banche centrali e autorità monetarie sotto l’egida della Bri (la Banca dei regolamenti internazionali con sede a Basilea), mostra come quello italiano rimanga un mercato marginale in ambito mondiale (le quote sono inferiori all’1%), dove la parte del leone la fanno gli istituti finanziari del Regno Unito e degli Stati Uniti, più orientati alla finanza che ai tradizionali finanziamenti all’economia reale.
Nel dettaglio, nel nostro Paese il volume lordo complessivo delle negoziazioni in cambi e derivati su valute è stato di 682 miliardi di dollari (al netto della doppia contabilizzazione) contro quota 865 del 2007. Il volume medio degli scambi è stato così di 32 miliardi. Se si aggiungono i prodotti derivati del mercato dei tassi di interesse il volume lordo mensile è di 1304 miliardi di dollari con un volume medio giornaliero di 62 miliardi (78 nel 2007).
”Gli strumenti su valute – spiega la Banca d’Italia – che nel 2007 avevano di nuovo superato in volume gli strumenti su tassi di interesse continuano a rappresentare la componente maggiore del mercato seppure registrano un consistente calo sia in termini assoluti che relativi”.
Su scala mondiale, secondo i dati diffusi dalla Bri, i volumi medi sui cambi sono stati pari a 4000 miliardi di dollari (+20%) mentre i derivati sui tassi sono saliti del 24% a 2100 miliardi, un dato ”significativamente più basso” della crescita del 64% conosciuta fra il 2004 e il 2007.