Basilicata: conti opachi, giovani in fuga. E dal petrolio pochi spicci
POTENZA – “Cristo si è fermato ad Eboli, perché non voleva vedere Potenza”: così scherzano i detrattori del capoluogo della Basilicata, ma probabilmente se fosse arrivato a Potenza neanche lui ce l’avrebbe fatta a decifrare i bilanci della Regione guidata da Vito De Filippo (Pd area Letta) dal 2005.
La Basilicata è il Texas d’Italia, si disse quando trovarono petrolio sotto il suolo lucano. Ma dall’estrazione di “oro nero” fatta da colossi come Eni e Total la Regione ricava poco. E quei 557,5 milioni di euro di royalty incassati in dieci anni non si capisce bene come siano stati spesi. “Tutto è tenuto segreto, sulle entrate e sulle spese di questa regione”, denuncia al Sole 24 Ore Gianni Rosa, consigliere regionale pdl. Quel che si sa è che oltre 230 milioni sono stati impegnati sugli investimenti in Val d’Agri (zona delle trivellazioni) e 163,4 per interventi nel settore della forestazione, della riduzione del costo dell’energia, del sostegno al reddito, finanziamento di programmi comunitari e per l’Università.
L’Ateneo, foraggiato con 10 milioni all’anno per dieci anni, inghiotte soldi ma “sputa” in cambio pochi laureati. I ragazzi se ne vanno fuori. Bus carichi di giovani lucani partono da Potenza per Napoli. “La resa in termini di ricerca è zero. Non sono stati impegnati 90,2 milioni mentre 48 milioni sono andati in politiche sociali e il parziale ripiano dei disavanzi in sanità”: è la fotografia impietosa di Ernesto Navazio, consigliere di Io amo la Lucania.
Nella mega struttura ospita la Giunta, il governatore ha una mega stanza e a Roberto Galullo del “Sole” nega tutto: “La Basilicata è l’unica regione a non aver mai avuto disavanzi sanitari”. Un posto dove tutto è faraonico, “ci ammirano anche in Europa. Abbiamo la migliore performance di spesa dei fondi europei da sempre”, vanta De Filippo. Report: “Ci sono tanti report su come spendiamo i soldi delle royalty”, dice il governatore. Cosa dicono i rapporti? Risponde il consigliere Donato Ramunno: “Lì troverà la conferma che dal petrolio non arriva nulla e la spesa si disperde in mille rivoli”.
Tornando alle royalty, questo è il sistema: vanno per il 6% alla Regione, l’1% ai Comuni e 3% al fondo unico nazionale per il bonus benzina. Ai Comuni sono andati pochi spicci (11,5 milioni nel 2010) mentre l’Eni avrebbe incassato finora 8 miliardi. Lo Stato invece fra accise e Iva nel 2010 ha incassato 1,6 miliardi e se la produzione crescesse dagli attuali 88 milioni di barili al giorno ai previsti 175, a Roma andrebbero 3,5 miliardi.
La Regione deve accontentarsi, previsioni 2012, di 136 milioni (65 nel 2010) dei 3,6 miliardi che le compagnie ricaveranno da qui a dicembre. Non solo, oltre alle mance stitiche c’è il problema che l’oro nero ha portato pochi posti di lavoro. Per fare un esempio, la Fiat fra diretto e indotto a Melfi ha portato 7 mila posti di lavoro.
Non di solo petrolio potrebbe prosperare la Basilicata, anche di un migliore sfruttamento turistico del proprio patrimonio ambientale. Mari, monti, il Parco del Pollino: anche qui non si capisce come vengono spesi i soldi e la magistratura sta indagando. La regione versa 9,4 milioni all’anno nell’Arpab, Agenzia per l’Ambiente. Cosa si fa con quella cifra? Il rendiconto 2010 parla di 4,1 milioni spesi solo fra buste paga e fatture arretrate. Dovrebbe fornire dati sui monitoraggi dell’ambiente. Ma quei dati “sono stati ritrovati in una cassaforte di Matera dove non avrebbero dovuto essere”, spiega Gianni Rosa, e due dirigenti dell’Agenzia sono agli arresti domiciliari.