ROMA – Bayer (il colosso farmaceutico tedesco) chiude lo stabilimento vicentino di Mussolente ma risarcisce i 50 operai licenziati con 4 anni di stipendio se non trovano lavoro, oppure versando un anno di stipendio alle aziende che li assumano a tempo indeterminato. Sono cronache del lavoro da “un altro pianeta” come sottolinea l’edizione economica del quotidiano Libero. Se a tempo determinato sei mesi di salario sono a carico della Bayer. I cui vertici non è che sono impazziti all’improvviso o sono in vena di strenne natalizie prolungate. La scelta si inserisce in un contesto economico/industriale di più vasto respiro nel quale la difesa del lavoro in Germania è una priorità politica al cui confronto l’Italia più che impallidire, scompare.
Basta mettere insieme i fatti. Lo stabilimento di Mussolente, nei piani della sede centrale di Leverkusen, avrebbe dovuto chiudere alla fine del 2012. Il caso era stato portato di fronte alla Commissione Europea attraverso un’interrogazione dell’eurodeputata leghista Mara Bizzotto. La Commissione ammetteva di non aver titoli per intervenire su scelte autonome delle aziende. Bizzotto si riteneva insoddisfatta. Bruxelles era costretta a replicare, ancora, ma con una nota meno generica: dal governo italiano, precisava il Commissario, non era pervenuta nessuna richiesta di attivazione del Fondo Europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere i lavoratori della Bayer.
Dall’Italia, insomma, silenzio assoluto sui licenziamenti. In Germania, invece, la Bayer può mostrarsi così generosa, perché nel frattempo sta utilizzando gli incentivi del governo a mantenere le posizioni lavorative tedesche. Un anno fa, infatti, Merkel faceva approvare significative agevolazioni fiscali alle imprese che fino al 2015 si fossero impegnate a non licenziare in Germania. Risultato: blindati i 25 mila operai tedeschi a scapito di cechi, italiani e greci. Quindi la ristrutturazione di cui aveva bisogno è andata in porto con il minor danno per il lavoro. Una postilla amara per concludere. Subito dopo l’annuncio della chiusura dello stabilimento di Mussolente, l’imprenditore Francesco Bifrangi, della Bifrangi metalmeccanica si offrì di reclutare tutti e 50 i licenziati. Ci provò ma dovette rinunciare: la burocrazia gli impediva di allargare i suoi capannoni.
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