Domenica di mal di pancia per Berlusconi: tra malumori per le intercettazioni e tira e molla sulla manovra

Pubblicato il 23 Maggio 2010 - 12:37| Aggiornato il 2 Giugno 2010 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Domenica di mal di pancia e malumore per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il premier ha due crucci per la testa che lo assillano e che rischiano di spaccare la maggioranza: le intercettazioni e la manovra finanziaria. Le polemiche su quella che l’opposizione ha ribattezzato “legge bavaglio” non si placano. Il Paese è scosso dalle proteste. Magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, editori sono tutti sul piede di guerra. Ma non solo. Il Cavaliere deve tenere a freno anche i malumori dei suoi, leggi i finiani, che mal sopportano la parte più restrittiva del disegno di legge e promettono battaglia se il governo decidesse di “blindare” il testo con la fiducia. Ma non è tutto. L’altra “grana” per Berlusconi porta il nome di Giulio Tremonti che in queste ore sta ultimando i ritocchi alla manovra finanziaria. Secondo i ben informati ci sarebbe nuovamente attrito tra palazzo Chigi e il ministro dell’Economia in particolare per l’accorpamento e la cancellazione degli enti di previdenza, di assicurazione contro gli infortuni e di ricerca. Misura a cui pensa Tremonti ma che causa più di un mal di pancia al capo dell’esecutivo che teme di perdere molti consensi, da sempre sua prediletta arma di propaganda.

Intanto proprio nel Pdl c’è qualcuno che già propone un rimpasto, forse anticamera di elezioni anticipate, ventilate da Berlusconi solo come extrema ratio. E’ il finiano Fabio Granata che auspica “un rimpasto di governo all’insegna di un nuovo corso dell’esecutivo più attento alla legalità” volendo cambiare “La Russa e Bondi”.

Ma andiamo per ordine. Sulle intercettazioni la maggioranza proprio in queste ore è a lavoro per rivedere il testo, così da mettere d’accordo le due anime del Pdl e queste con la Lega, per evitare un altro scontro aperto tra Berlusconi e Gianfranco Fini e per non prendere, infine, un’altra bacchettata dal Capo dello Stato. Senatori e deputati del Pdl si riuniranno a breve per smussare gli angoli del testo contestato anche dai “finiani” e dall’Mpa, oltre che da tutta l’opposizione, e già stanotte il ddl sulle intercettazioni riveduto e corretto dovrebbe essere licenziato dalla commissione Giustizia del Senato.

Due sembrano essere le modifiche certe: una riguarda la multa prevista per gli editori in caso di pubblicazione delle intercettazioni. Si pensa, sempre secondo La Repubblica, a ridurre la multa a circa 25-26mila euro lasciando però invariato il tetto massimo di 465 mila euro in caso di pubblicazione. L’altra modifica dovrebbe essere il ripristino della possibilità per i giornalisti di pubblicare non gli atti delle intercettazioni ma il loro riassunto, conservando così la norma vigente e salvando, di fatto, il diritto di cronaca. Una ipotesi già avanzata dalla finiana Giulio Bongiorno alla Camera e soppressa al Senato dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Per evitare laceranti scontri interni tra finiani e berluscones, però, la maggioranza potrebbe reinserire l’emendamento e placare gli animi.

Animi che sono infuocati. Già ieri Italo Bocchino ha detto che il testo della legge così com’è “non va”, il portavoce dell’Mpa Aurelio Misiti boccia la fiducia (“Se la mettono votiamo no”) e chiede modifiche a un testo che “aprirebbe un varco amplissimo a mafiosi e terrorismo”, Carmelo Briguglio scrive su sul sito Generazione Italia: “Siamo contro l’espatrio delle notizie. Sarebbe un grave errore politico mettere la fiducia”. Bossi dice che “non è stata ventilata, non se n’è parlato in consiglio dei ministri”.

Intanto la polemica monta anche fuori dalle mure del Palazzo. I poliziotti si dissociano. I magistrati promettono battaglia e i giornalisti si organizzano per alzare le barricate. Proprio lunedì prossimo ci sarà un incontro tra i direttori dei giornali italiani per l’iniziativa della Federazione Nazionale della Stampa Italiana contro il ddl intercettazioni.

Lo scontro con Tremonti sulla manovra. Ancora più aspro, ma tutto interno al governo, lo scontro sulla manovra. Tremonti è determinato: ha già minacciato le dimissioni e ora torna a ribadire che l’Unione eurpea esige dei tagli, “taglia veri”. Dall’altra parte Berlusconi e il suo mediatore di fiducia Gianni Letta sono preoccupati per la ricaduta mediatica e di consensi che potrà avere una finanziaria aspra. Anche qui non mancano le divisioni nella maggioranza: i finiani, ma non solo, chiedono a gran voce decisioni collegiali e auspicano che la manovra non ricada solo sui più deboli. Tremonti, però, va avanti senti guardarsi intorno, forte dell’appoggio della Lega che, come ha detto Umberto Bossi ancora sabato pomeriggio, regge in piedi il governo perché, da sola, ha i numeri per farlo.

Come raccontano oggi diversi retroscena sui giornali, Berlusconi ha provato in molti modi a convincere Tremonti ad ammorbidire la finanziaria. Come scrive Repubblica avrebbe incitato alcuni esponenti di spicco del Pdl a “fermare” il ministro dell’Economia e a minacciare di non votare la manovra in Parlamento. Ma Tremonti, sempre secondo le stesse fonti, avrebbe nuovamente minacciato le dimissioni.

I punti di attrito tra Tremonti e Berlusconi sono diversi: i tagli alla ricerca, alle forze dell’ordine e di polizia, la lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio. “Il ministro – scrive Repubblica – forte anche delle indicazioni europee, voleva far scendere a 3.000 euro la soglia sopra della quale non sono ammessi i pagamenti cash o con titoli trasferibili (oggi è a 12.500). Berlusconi avrebbe ricordato a Tremonti che contro misure analoghe introdotte da Prodi lui aveva fatto la campagna elettorale. Si sarebbe trovato un compromesso sui 7.000 euro”.

Un compromesso sembra si sia trovato, dopo tanta fatica, anche su un altro punto “caldo” come il piano degli enti della discordia. All’interno dell’Inail, l’ente che assicura gli infortuni, verrebbero accorpati l’Ipsema, ente che assicura i danni ai lavoratori marittimi (400 dipendenti) e l’Ispesl, ente di ricerca sulla sicurezza dove ci sono circa 1.200 dipendenti. Per quanto riguarda la previdenza l’Ipost, l’ente dei dipendenti postali sarebbe accorpato con l’Inps. Sarebbero soppressi per entrare nel ministero del Lavoro l’Isfol, che si occupa di formazione (700 dipendenti) e lo Ias, che con 40 dipendenti si occupa di studi sociali.

Ulteriori tensioni si giocano sulla partita della Croce rossa e su quella della Protezione Civile. Staremo a vedere come finirà la partita. Finora Berlusconi ha negato che ci saranno tagli, tasse, sacrifici. Un po’ l’opposto di quello che ha sostenuto il leghista Roberto Calderoli, che per primo annunciò la manovra, e di quello che va teorizzando ogni giorno lo stesso Tremonti.