“Bill Gates lasci Microsoft”: troppo “buono” ormai, secondo gli azionisti

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 3 Ottobre 2013 - 16:14 OLTRE 6 MESI FA
"Bill Gates lasci Microsoft": troppo filantropo secondo gli azionisti (Ap-LaPresse)

“Bill Gates lasci Microsoft”: troppo filantropo secondo gli azionisti (Ap-LaPresse)

REDMOND, WASHINGTON – Bill Gates deve dimettersi dalla presidenza di Microsoft: è quello che pensa più di qualcuno dei grandi azionisti della corporation con sede a Redmond, facendo pressioni perché Bill Gates lasci il colosso della tecnologia informatica da lui creato nel lontano 1975, che oggi vale 277 miliardi di dollari.

Perché Bill Gates deve andarsene? Perché è diventato troppo filantropo, perché la competizione si è fatta dura e lui è diventato troppo cavalleresco con gli altri concorrenti, perché ad oggi non c’è nessun amministratore delegato che nel settore tecnologico deve gestire la variegata gamma di attività in cui si è tuffata Microsoft.

Il filantropo Bill. Mentre l’azienda, come scrive Luca Borsari sul Messaggero, è “in crisi d’identità e di utili”, Bill Gates si dedica sempre di più alla beneficenza:

“Ha smesso di lavorare a tempo pieno alla Microsoft cinque anni fa. E i 38 miliardi di dollari di dotazione finanziaria della fondazione intitolata a lui e a sua moglie Melinda, pesa già più del triplo della sua quota del 4,5% nell’azienda che, ai corsi attuali, vale 12,4 miliardi. Un percorso coerente, se si considera che Gates – che quando la Microsoft venne quotata in borsa nel 1986 deteneva il 49% della società – ogni anno vende una quota di azioni secondo un piano prestabilito che lo porterà nel 2018 a non avere più nemmeno un’azione”.

Microsoft ha troppe Windows aperte. Ha già annunciato le sue dimissioni Steve Ballmer, amministratore delegato personalmente scelto da Gates 13 anni fa. E quella poltrona scotta: gli investitori temono che, restando Gates alla presidenza, il prossimo Ad non sarà mai il vero leader. L’azienda invece ha bisogno di una guida a cui nessuno faccia ombra. Invece servirebbe un mister X deciso ad affrontare una sfida difficilissima. Perché nel settore tecnologico non esiste una conglomerata come la Microsoft:

“Microsoft ha appena comprato, per 7,2 miliardi di dollari, i telefonini di Nokia. E non si occupa solo di progettare e distribuire il sistema operativo Windows che gira sul computer di casa o in ufficio. Ma produce la console per videogiochi Xbox, agognata dai ragazzi di tutto il mondo, fa funzionare Bing, il secondo motore di ricerca su internet. E controlla il portaleMsn, una enorme attività di software per aziende, servizi cloud di gestione informatica e programmi applicativi. Un arcipelago produttivo gigantesco che si confronta con colossi del calibri di Google, Yahoo, Oracle, Apple e Nintendo, tutti molto più focalizzati sulle rispettive attività principali. […] Le società-arcipelago, in gergo conglomerate, che vanno bene, raramente si occupano di alta tecnologia, come dimostrano gli esempi della General Electric (produce dalle turbine, ai frigo, alle lampadine) e della Berkshire Hathaway del miliardario-guru Warren Buffett. E anche le conglomerate tecnologiche di successo hanno scelto strade diverse: Ibm si occupa soprattutto di aziende, mentre Samsung, che si occupa di telefonini e tv ma anche prodotti petroliferi e polizze assicurative, gestisce ogni attività in modo indipendente”.

Quando il gioco si fa duro, Bill si fa morbido. Gates nel frattempo è preso dalla fondazione benefica che manda avanti con sua moglie Melinda, madre dei suoi tre figli. Vaccina bimbi del Terzo mondo, finanzia scuole pubbliche e microcredito alla Muhammad Yunus per i più poveri. Oltretutto, quando gli chiedono una battuta sulle accuse di monopolio rivolte a suoi concorrenti come Google, Gates usa parole dolci:

«Non chiamerei nessuno un monopolista». Per poi aggiungere che nella storia ogni azienda che diventi «un super-successo» fa inevitabilmente scattare le attenzioni dei governi e dei loro funzionari antitrust. «Se i governi non si interessano – ha aggiunto – allora è proprio un cattivo segno»