MILANO – Allarme dei sindacati per i dipendenti dei call center: “Ci sono 80mila lavoratori a rischio”. Un grido lanciato dopo che Almaviva Contact ha annunciato il taglio di oltre 2.500 dipendenti. E che vede i rappresentanti dei lavoratori chiedere alla commissione Lavoro del Senato di “intervenire con norme che siano di contrasto alle delocalizzazioni e applicando le sanzioni che sono già previste”.
Secondo Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom, le tre sigle sindacali ascoltate in un incontro informale dalla commissione Lavoro del Senato in merito alla vertenza Almaviva, “se non risolve la questione entro breve, nel giro di qualche mese ci saranno 70-80mila posti a rischio” nel settore dei call center, tra coloro che chiamano i clienti e coloro che vengono contattati con problemi “anche di ordine pubblico”.
Per Giorgio Serao (Fistel), Pierpaolo Mischi (Uilcom) e Riccardo Saccone (Slc-Cgil), spiega Repubblica, tre sono i punti chiave da affrontare: intervenire con norme di contrasto alle delocalizzazioni e applicando le sanzioni già previste, agire contro le gare al massimo ribasso rispettando i minimi contrattuali, ed infine prevedere ammortizzatori sociali stabili e non in deroga per tutto il settore.
Quanto alla delocalizzazione, infatti, sono sempre di più le compagnie italiane che trasferiscono i propri call center in Albania, dove i dipendenti sono pagati molto meno.
Ma quello della delocalizzazione non è l’unico problema che assilla i lavoratori di Almaviva, come ha sottolineato la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso:
“Basterebbe che le grandi aziende pubbliche non facessero le gare al massimo ribasso, ma pagassero, secondo norme e contratti, i lavoratori e anche gli appalti. Un settore come quello dei call center non può essere privo di ammortizzatori sociali e di risposte. Bisogna dare attuazione a quelle norme che sono state fatte e poi non sono state applicate, come quelle che impediscono la delocalizzazione e il fatto che dati sensibili, come quelli che passano attraverso i call center, possano andare in altri Paesi”.