La Cina aumenta i tassi per contenere i rischi di inflazione e bolle immobiliari

Pubblicato il 20 Ottobre 2010 - 13:43 OLTRE 6 MESI FA

La Banca centrale della Cina ha sorpreso gli investitori globali alzando il tasso sui depositi annui del 2,5 per cento e quello sui prestiti alle banche al 5,56 per cento. Nel momento in cui imperversa quella che è definita come la “guerra delle valute” questa decisione assomiglia a una tregua positiva, ma rilancia interrogativi pesanti sul rischio di una bolla finanziaria e immobiliare che potrebbe scatenare un nuovo effetto domino.

In mancanza di commenti e spiegazioni ufficiali della Pboc, People’s Bank of China, è possibile fare solo delle ipotesi. Quattro considerazioni si impongono all’attenzione generale.

Primo. I rubinetti del credito sono stati chiusi proprio ora che i tassi di crescita dell’economia sono decisamente robusti.

La seconda motivazione interessa l’equilibrio del mercato monetario, che dopo due anni di politica monetaria fortemente espansiva si è ritrovato con tassi d’interessi reali negativi, situazione pericolosa poiché le aspettative d’inflazione vengono corroborate e inducono non solo investimenti eccessivi, ma anche il rigonfiamento del mercato immobiliare. Il rialzo dei tassi, quindi, dovrebbe contribuire a riportare sotto controllo la tanto temuta bolla speculativa del mattone cinese in due modi: alzando gli oneri sui mutui immobiliari; e spostando parte del risparmio domestico dagli investimenti immobiliari su depositi e titoli di Stato.

L’inflazione costituisce la terza ragione dei cambiamenti economici cinesi in considerazione del fatto venerdì saranno diffusi i dati su Pil e sull’inflazione di settembre, mentre la quarta riguarda il recente boom delle riserve valutarie. Questo poiché a fine settembre il tesoretto in moneta pesante di Pechino ha registrato un incremento trimestrale record di 194 miliardi di dollari, giungendo a quota 2.650 miliardi di dollari.

La massa monetaria domestica è incrementata da questo aumento delle riserve, grazie all’ampliamento del c5redito in circolazione attuato dalla Banca centrale, che acquista gran parte di valuta estera in ingresso  a fronte di emissioni di yuan, infatti un costo più alto del denaro dovrebbe permettere un migliore controllo dell’espansione da parte delle autorità monetarie.

D’altra parte ogni politica monetaria ha i suoi vantaggi ed i suoi rischi: l’incremento dei tassi di interesse implica un aumento del costo del denaro, che non solo porterà problemi all’economia reale, ma metterà maggiormente in difficoltà quei debitori più deboli che negli ultimi due anni, data la grande liquidità del mercato, hanno investito in attività e progetti il cui ritorno economico non è garantito.

Ultimo rischio esposto  riguarda l’aumento di flussi di capitali esteri verso la Cina, dovuti alla scommessa degli investitori sulla rivalutazione dello yuan. L’impatto sulle quotazioni dello yuan sarà nullo, poiché non determinato dalle forze di mercato ma dalla volontà della Pboc, è di oggi la notizia che la moneta cinese ha segnato il maggior calo contro il dollaro da due mesi a questa parte: il cambio di riferimento con il dollaro è infatti passato dai 6,6447 di ieri ai 6,6754 di oggi.