Allarme di Confindustria: “La produzione italiana scavalcata da India e Brasile”

Pubblicato il 6 Giugno 2012 - 10:53 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’Italia soffre la recessione, un “feroce” credit crunch e la bassa redditività: lo rileva il Centro Studi di Confindustria (Csc), spiegando che l’Italia arretra, per produzione manifatturiera scivolando da quinta a ottava, scavalcata da India, Brasile e Corea Sud e mettendo a rischio “la stessa sopravvivenza” di “parti importanti dell’industria”. Nel rapporto si legge anche che “per rafforzare il manifatturiero, motore della crescita attraverso l’innovazione, è tornata strategica la politica industriale”: ma è un punto debole del nostro Paese – rileva il responsabile del Csc, Luca Paolazzi – per i limiti legati alle “inefficienze della pubblica amministrazione” e alla mancanza di “governi dalla visione di lungo periodo”.

Confermando una “scalata degli emergenti”, nella classifica per produzione manifatturiera “l’Italia con una quota che scende dal 4,5 al 3,3% dal 2007 al 2011, passa dalla quinta all’ottava posizione, superata da India, Brasile e Corea del Sud”. In testa è salda la Cina. Perdono quota di produzione gli Stati Uniti (-3,9 punti), Francia e Regno Unito (entrambi -0,9), Spagna (-0,7) e Canada (-0,4). Crecono di più Cina (7,7 punti), India, Indonesia. Nel complesso l’Ue15 cala dal 27,1% al 21%. La classifica dei Paesi produttori, indica il Csc, nel 2011 vede quindi prima la Cina che, al primo posto da un triennio, in vetta ha “scavalcato ormai stabilmente” gli Stati Uniti. Poi il Giappone (tra i paesi che “reggono l’urto”), la Germania, la Corea del Sud, Brasile, India e Italia.

“Far ripartire la nostra economia”, dice Fulvio Conti, il nuovo vicepresidente di Confindustria per il Centro Studi “è una sfida che richiede di tornare a pensare in maniera strategica, puntare sugli investimenti di lungo periodo, soprattutto in infrastrutture e innovazione, e di riequilibrare il carico fiscale per favorire investimenti e una ripresa dei consumi”. Il nostro è un “Paese lento”, a “cui manca una visione di lungo periodo”,  e “manca un progetto Paese che identifichi le priorità e le linee di sviluppo”, avverte Conti