Coop 3.0: tre coop si fondono nella “più grande d’Europa”

di Edoardo Greco
Pubblicato il 1 Ottobre 2015 - 06:00 OLTRE 6 MESI FA
Coop 3.0: tre coop diventano una, "la più grande d'Europa"

Coop Alleanza 3.0 nasce dalla fusione di Coop Adriatica, Estense e Nordest

BOLOGNA – Il 3 ottobre nascerà la Coop più grande d’Europa. Si chiamerà “Coop Alleanza 3.0” ed è il frutto della fusione fra Coop Adriatica, Coop Estense e Coop Consumatori Nordest, tre giganti che il prossimo sabato si riuniranno in assemblee nelle quali i loro soci approveranno la nascita del colosso. I numeri di questo colosso li dà Carlo Valentini su Italia Oggi: “5 miliardi di fatturato, 2,7 milioni di soci, 419 punti vendita di cui 56 ipermercati e oltre 22.000 dipendenti. Ma soprattutto quel 17% di quota Unipol che si ritrova in pancia ne farà di fatto l’azionista di controllo”.

E ancora: le tre coop riunite avranno il 40% di Eataly, il McDonald dello slow food fondato da Oscar Farinetti che è una macchina da soldi lanciata ormai verso i mercati internazionali. Poi le librerie Coop, le parafarmacie Coop Salute, i distributori di benzina low cost… Sarà impossibile per il gotha economico italiani non fare i conti con la nuova mega-cooperativa, che sarà guidata dal bolognese Adriano Turrini, già presidente di Coop adriatica e consigliere Unipol. Ecco l’articolo di Valentini:

“Il big bang avverrà sabato prossimo, il 3 ottobre. Le tre più importanti coop di consumo, Coop Adriatica, Coop Estense e Coop Consumatori Nordest, hanno indetto per quel giorno le loro assemblee, che approveranno la fusione. Nascerà così la coop più grande d’Europa, che sarebbe limitativo restringere nel perimetro del consumo, cioè dei supermercati.

In realtà la neonata struttura avrà indirettamente interessi importanti nell’immobiliare, cioè in un’estesissima catena di supermercati e ipermercati dove venderà direttamente ma affitterà anche spazi lucrosi, attraverso una coop partecipata, la Lgd (quotata, tra gli azionisti vi è il finanziere George Soros). Ma soprattutto sarà il colosso che detterà la linea dell’elefante coop e controllerà uno dei gioielli di famiglia, l’Unipol (con annessa Unipol banca), che da poco ha risucchiato la Sai traballante dopo la gestione dei Ligresti. E Unipol ha le mani in pasta in tanti settori, basti pensare che è proprietaria perfino di tenute vinicole e aziende agrituristiche.

In più le tre coop assieme possiedono il 40% di Eataly, la creatura del renziano Oscar Farinetti, record di incassi all’Expo di Milano e ormai lanciato con la sua griffe in campo internazionale. Il 40% significa in pratica essere comproprietari di questa macchina (alimentare) da soldi. Non basta. La newcoop riceverà in dote le Librerie Coop, i negozi Coop Salute (parafarmacie e prodotti bio), i distributori di benzina low cost, i prodotti assicurativi sanitari che vengono proposti in ogni punto-vendita.

La Fiat sta al sistema industriale italiano come Coop 3.0 (così si chiamerà il nuovo gigante) starà al sistema cooperativo. I numeri: 5 miliardi di fatturato, 2,7 milioni di soci, 419 punti vendita di cui 56 ipermercati e oltre 22.000 dipendenti. Ma soprattutto quel 17% di quota Unipol che si ritrova in pancia ne farà di fatto l’azionista di controllo della compagnia. Un terremoto in casa Legacoop ma anche con ripercussioni a Piazza Affari, ove il titolo è quotato.

Tra i protagonisti occulti dell’operazione vi è il ministro Giuliano Poletti: lui smentisce ma il suo curriculum pre-ministro è tutto nell’alveo della cooperazione, con la quale ha mantenuto solidi legami. Anzi, qualcuno lo ha definito la longa manus del movimento cooperativo all’interno del governo. Anche se egli sostiene di avere chiuso un capitolo e aperto un altro, quello politico-ministeriale, certamente rimane un profondo conoscitore del mondo cooperativo e dei suoi dirigenti. È quindi difficile ipotizzare che un ribaltone di tale portata lo abbia visto assente.

Si sono svolte nei giorni scorsi una sorta di primarie, quel voto di massa un tempo sognato dal Pd, ben 77 assemblee in Emilia-Romagna, Veneto, Marche, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Basilicata. Tutti assieme, appassionatamente, a favore dell’aggregazione e del condottiero che guiderà il nuovo colosso coop, Adriano Turrini (59 anni, bolognese), presidente di Coop Adriatica e consigliere Unipol. Sullo scranno più basso siederanno Paolo Cattabiani (presidente Coop Nordest), e Massimo Ferrari (direttore Coop Estense). Sono i magnifici tre che dovranno rilanciare ruolo e immagine della cooperazione, dopo il fallimento di molte coop, la crisi di quelle, una volta potenti, dell’edilizia, gli scandali degli appalti e di Mafia capitale.

Stretta nell’angolo, la cooperazione ha deciso di tentare il rilancio. E lo farà partendo da un settore, quello del consumo, che ha scalzato all’interno del movimento gli altri big, quello edile e quello assicurativo. L’immobiliare è stato travolto dal blocco degli appalti pubblici e dal freno delle compravendite, l’assicurazione perde l’autonomia garantita da una pluralità di soci e dalla mancanza di un pacchetto azionario di riferimento. Ora l’azionista è in grado, per la sua forza, di dettare la linea e il vertice Unipol, se vuole rimanere in sella, dovrà adattarsi alla nuova situazione.

Da un punto di vista societario il gruppo sarà formato da due holding, una per le partecipazioni sotto la guida di Cattabiani e l’altra per il retail, con a capo Ferrari. Il terzetto sarà il dominus del nuovo corso della cooperazione, quella un tempo etichettata rossa e ora più autonoma dalla politica, tanto che sta sperimentando un’aggregazione con le altre due aree cooperative, quella cattolica (Confcoop) e quella rosaverde, che aveva come punto di riferimento i vecchi partiti socialdemocratico e repubblicano (Agci). Esiste già a livello nazionale un organismo dirigente comune, più ardua la strada dell’unificazione appare a livello periferico e nelle aziende. Ma i primi passi sono stati compiuti con l’obiettivo di arrivare a un’unica organizzazione, una sorta di Confindustria in cui trovino posto tutte le coop, rosse, bianche e rosaverdi.

Con Coop 3.0 il mondo della cooperazione non risolve, ma anzi aggrava, il problema del rapporto tra le maxi-coop (con strategie ultranazionali e le mani in pasta nella finanza) e le piccole coop (per esempio quelle dell’assistenza alle persone). Ma il dado è tratto e Golia è alle porte. Con Turrini che diventa il Marchionne della cooperazione. Tra l’altro egli non nasconde da un lato il desiderio di calamitare le altre catene coop che non hanno aderito all’embrasson nous (per quanto tempo riusciranno a difendere il loro campanile?) dall’altro la rincorsa all’Esselunga, la catena privata (di Bernardo Caprotti) che per redditività surclassa i supermercati coop.

In un documento in preparazione dell’habemus papam del 3 ottobre Legacoop scrive: «Con questa scelta si vuole contribuire a sostenere e rilanciare ruolo ed efficacia della missione cooperativa sia nelle regioni del Nord che del Sud del Paese, confermando l’idoneità e l’utilità del modello cooperativo anche in realtà sociali molto diverse».

La forza economica che Coop 3.0 potrà mettere in campo certamente segnerà una svolta, non a caso essa pur non essendo ancora nella fase operativa (l’avvio è previsto il 1 gennaio) è già strattonata affinché intervenga a supporto delle coop dell’edilizia in crisi.

Dice il presidente di Legacoop, Mauro Lusetti: (che ha preso il posto di Giuliano Poletti): «Riusciamo a raggiungere una potenza di fuoco che ci permetterà di competere sul mercato dei beni di consumo, dove uno dei fattori chiave è la dimensione delle aziende. Mettere insieme le forze, anche finanziarie, consentirà infatti di svilupparci in nuovi territori, investendo sullo sviluppo della rete e nuovi prodotti».

Da sabato le coop non saranno più come prima. Il colosso non se ne starà con le mani in mano. Erano 30 anni che si parlava di come sarebbe stato bello se le tre strutture del consumo si fossero fuse ma i campanilismi e le lotte di potere lo avevano impedito. Sotto i colpi della crisi (e con l’ex-presidente Poletti al governo) l’ammucchiata si è realizzata. Con Coop 3.0 (e i suoi 5 miliardi di giro d’affari) e la controllata Unipol-Sai le coop reclamano un posto nel gotha economico italiano.