La crisi colpisce tutti, i consumatori e gli stati.
I cittadini non hanno più soldi da spendere, mentre i governi sono più deboli perché calano le entrate fiscali, fatto sostanzialmente imputabile all’andamento delle imposte dirette, Ires e Ire, e giustificato sia dalla rateizzazione delle imposte versate in autoliquidazione, sia dal deterioramento del ciclo economico e dalla conseguente riduzione della base imponibile e, quindi, del gettito.
Succede quasi in tutti i paesi, tra cui anche negli Stati Uniti e in Italia.
Nel terzo trimestre 2009 le entrate fiscali degli stati americani sono calate: in base ai dati del Census Bureau la flessione è stata del 7% rispetto allo stesso periodo del 2008. Un calo che mette in evidenza come il rallentamento dell’economia sta mettendo sotto crescente pressione le finanze pubbliche dei singoli stati, oltre che a livello centrale.
I dati evidenziano come in ben 22 Stati si sia sperimentata una flessione delle entrate fiscali superiori al 10%. In Alaska il calo è stato addirittura del 65%: una frenata che riflette il calo dei prezzi del petrolio. Wyoming, Texas e Oklahoma, altri tre Stati fortemente dipendenti dall’energia, hanno accusato un calo delle entrate fra il 19% e il 26%. Solo Nevada, New Hampshire e Rhode Island hanno registrato nel terzo trimestre un aumento delle entrate.
In Italia, nel periodo gennaio-ottobre, le entrate tributarie hanno mostrato un calo di 10,8 miliardi di euro (-3,4%) rispetto allo stesso periodo del 2008. I dati sono contenuti nel bollettino delle entrate pubblicato dal ministero dell’Economia. L’atteso rallentamento delle entrate, si legge nella nota, é sostanzialmente imputabile all’andamento delle imposte dirette, Ires e Ire, ed é giustificato sia dalla rateizzazione delle imposte versate in autoliquidazione, sia dal deterioramento del ciclo economico e dalla conseguente riduzione della base imponibile e, quindi, del gettito.