Ci sono delle categorie escluse dal Decreto Ristori nonostante il Dpcm abbia loro imposto la chiusura o la limitazione d’orario.
Chiuse dal Dpcm e senza un auro dal Decreto Ristori. Sono le categoria dei “dimenticati”. Ovvero di quei commercianti o settori che sono stati costretti a chiudere e che però non sono stati inseriti tra i destinatari degli indennizzi.
Chi sono? In alcuni casi si tratta di categorie affini a quelle che avranno il ristoro, il cui codice Ateco però non rientra tra quelli indicati dal decreto. Come le aziende che incassano dalle macchine per la distribuzione automatica di cibo e bevande, i servizi mensa, i bar dei centri ricreativi come i circoli Arci o Acli, le lavanderie industriali, le scuole di danza.
Poi cambiando settore ci sono i commercialisti e gli agenti di commercio, fino ad arrivare ai consulenti del lavoro che, per forza di cose, lamentano cali fortissimi di fatturato. Ma anche le colf, che rischiano di nuovo massicci licenziamenti.
Il Decreto Ristori
Il Decreto prevede soldi (ristori) per tutte le attività che hanno chiuso, o mai riaperto, dopo l’ultimo Dpcm. Si tratta quindi di bar, ristoranti, locali, palestre, piscine, cinema, discoteche, teatri…
Gli indennizzi saranno maggiori per le attività completamente sospese, minori per le altre attività obbligate a chiusure limitate, con ristori che vanno dal 100 al 400 per cento del fatturato perduto.
I maggiori benefici dovrebbero andare a discoteche, cinema, teatri, palestre, sale Bingo e altre strutture costrette a chiudere del tutto i battenti. A loro sarà riconosciuta con bonifico dell’Agenzia delle Entrate una somma doppia rispetto a quella che avevano percepito a giugno. Con la prima operazione fondo perduto disposta dal decreto Rilancio. ù
L’importo sarebbe confermato al 100 per cento per chi ha avuto una diminuzione pur se significativa della propria attività. Come i bar e i ristoranti costretti a chiudere alle 18. (Fonte Repubblica).