Della Valle più forte nella catena di grandi magazzini Sacks: la sua quota sale al 20 per cento

Pubblicato il 21 Ottobre 2010 - 15:17 OLTRE 6 MESI FA

Diego Della Valle, presidente e amministratore delegato del gruppo italiano Tod’s, ha rafforzato la partecipazione nella catena statunitense di magazzini di lusso Saks portando la propria quota al 20% dall’11,12%.

Nel 2010 l’imprenditore marchigiano ha acquistato azioni Saks per quasi 82 milioni di dollari e dopo questo nuovo shopping si consolida come secondo azionista dietro il magnate messicano delle telecomunicazioni Carlos Slim, che ha in portafoglio circa il 16% attraverso la Inmobiliaria Carso Investment Fund.

Della Valle conferma il progetto industriale della famiglia per il tempio del lusso della Fifth Avenue, aperto nel 1924, a cui fornisce già scarpe, abbigliamento e accessori con i suoi marchi più famosi.

Con l’acquisto di un’ulteriore quota cresce l’orgoglio di esserci per Della Valle in quel ‘tempio’, che conosceva già da ragazzino quando ”vedevo le scatole di Saks nelle nostre fabbriche, perché mio padre lavorava per loro” aveva ricordato, nell’aprile scorso, dopo essere salito dal 5,9 al 9,4 per cento. In quell’occasione aveva anche detto di non prevedere commistioni tra l’azienda di famiglia e l’assetto societario di Saks.

Dal 12 al 18 ottobre scorsi Della Valle ha acquistato 2,9 milioni di azioni Saks per poco più di 29 milioni di dollari cash dal proprio capitale. ”E’ un investimento della famiglia che ha ‘performato’ molto bene, ma secondo me è solo l’inizio” aveva spiegato esprimendo grande apprezzamento per il management definendolo ”ottimo: ha dimostrato di sapere fare bene in questi 6-7 mesi. Ed è un gruppo che io ho sempre considerato leader nel mercato del lusso americano”.

Quanto a Tod’s, ”fa il suo mestiere, che è quello di curare un brand di lusso e di portarlo in giro per il mondo” aveva spiegato. Con 49 negozi negli Stati Uniti, per circa 10mila dipendenti, Saks è un colosso della moda che offre i prodotti delle migliori firme europee – fra cui immancabilmente molte italiane – e americane. Nonostante la crisi, nel 2009 ha fatturato oltre 3 miliardi di dollari e chiuso il bilancio con una perdita netta di circa 155 milioni di dollari.