Titoli derivati, l’Espresso: indagato a Bari l’ex ad di Unicredit Alessandro Profumo

Pubblicato il 3 Marzo 2011 - 11:42 OLTRE 6 MESI FA

Alessandro Profumo

BARI – L’ex amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, sarebbe indagato a Bari assieme ad altri 27 dirigenti bancari nell’inchiesta sul rapporto intercorso tra la società pugliese Divania e l’istituto di credito, relativo alla sottoscrizione di titoli di credito derivati. E’ quanto anticipa il settimanale l’Espresso in un articolo che pubblicherà domani, 4 marzo.

Nell’inchiesta, affidata da circa due anni al pm Isabella Ginefra, verrebbero ipotizzati i reati di associazione per delinquere, estorsione, truffa e appropriazione indebita.

La lista degli indagati baresi ricostruirebbe, secondo l’anticipazione dell’Espresso fatta dall’Ansa, la catena di comando di Unicredit: gli ‘ingegneri finanziari’ (Ubm) e i ‘venditori’ (Ubi).

Tra gli indagati comprirebbero Luca Fornoni e Davide Mereghetti, già collocati da Bankitalia nel doppio ruolo di ‘artefici dei derivati’ e ‘superiori gerarchici di tutta la rete commerciale’.

L’indagine sarebbe stata avviata dopo la denuncia del titolare di Divania, Francesco Saverio Parisi, che finora è riuscito ad evitare il fallimento della società, e ha accertato che le potenziali vittime degli accordi firmati con l’istituto di credito sono anche altri due imprenditori, tra cui il barese Rocco Ziino, contitolare della societa’ ‘Tre Z Plast’.

Parisi, nella sua denuncia, affermerebbe che, in seguito ad alcune operazioni sui derivati, sarebbe stato costretto a chiudere e a licenziare i 430 dipendenti.

Unicredit – secondo Parisi – non lo avrebbe informato correttamente dei rischi connessi agli strumenti di finanza complessa che stava acquistando.

La banca ha sempre respinto ogni accusa rilevando anche che non è ”sostenibile che i risultati dell’attività in derivati abbiano influenzato l’attività industriale o i risultati economici” di Divania.

La società, che produceva mobili imbottiti, ha da tempo avviato un processo civile e ha chiesto a Unicredit la restituzione di 219 milioni di euro per pagamenti fatti alla banca affinché investisse le somme in strumenti finanziari derivati in valuta, e per ottenere il pagamento di 61 milioni di euro a titolo di interessi sui pagamenti.

Stessa cosa ha fatto Ziino dopo il crac della sua società, leader nel settore edilizio e termoidraulico, e passata nel giro di due anni da un fatturato di sei milioni di euro al fallimento. Ziino ha raccontato il suo calvario in un libro dal titolo ‘Bang Bank, conti bancari in giallo’.

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