Italia 2020: artigiano, dove sei? Snobbati 45 mila posti di lavoro manuale all’anno

Pubblicato il 16 Luglio 2012 - 15:39 OLTRE 6 MESI FA
Archivio LaPresse

Mentre quasi un giovane italiano (fra i 15 e i 24 anni) su quattro è disoccupato, nel 2011 sono stati censiti 45 mila posti di lavoro vacanti e da qui al 2020 ne rimarranno scoperti altri 385 mila (dati Cgia di Mestre): totale 430 mila occasioni di occupazione perdute, questo perché si tratta di posti di lavoro “ad alta intensità manuale”. Col risultato che l’Italia fra otto anni potrebbe svegliarsi piena di “pensatori” ma priva di qualcuno che spazzi le strade, guidi i mezzi pubblici, coltivi i campi o allevi il bestiame, faccia i lavori di muratura, ripari i mobili o le automobili, ricami i vestiti… Ecco la top ten dei mestieri in via di estinzione:

1) Collaboratori domestici, addetti alla pulizia, raccoglitori di rifiuti: da qui al 2020 ne mancheranno 96.783
2) Autisti di bus, tram, camion: 51.503
3) Agricoltori e operai agricoli: 49.909
4) Muratori, carpentieri: 38.576
5) Braccianti agricoli: 18.112
6) Sarti, tappezzieri, ricamatori: 15.472
7) Carrozzieri, meccanici: 14.301
8) Allevatori: 14.229
9) Addetti ai servizi d’igiene e di pulizia: 12.562
10) Falegnami, impagliatori: 12.556

Spiega al Corriere della Sera Franco Donzelli, direttore del dipartimento di Economia, management e metodi quantitativi dell’università Statale di Milano:

“Nel nostro Paese le professioni manuali sono state sempre poco considerate, direi quasi che sono state sempre svalutate. In Germania e Olanda oltre all’università ci sono tante scuole di formazione superiore. Da noi no. Se un operaio specializzato in Italia guadagna, se va bene, 1.400 euro, il collega tedesco, per la stessa mansione, ne prende 2.500. È ovvio che nessuno è incentivato a scegliere questo percorso. Né i genitori che devono aiutare i figli a scegliersi il futuro dopo le scuole superiori, né gli insegnanti, né gli stessi giovani”

Lavoro manuale sottopagato e sottostimato. Percorso formativo a senso unico, dritto verso la laurea. Col risultato di un Paese che si troverà a pagare carissimi i lavori che disprezza o nella migliore delle ipotesi non valorizza. Prendi gli artigiani. Sono la spina dorsale del “Made in Italy” che rischia di spezzarsi. Per cambiare tendenza non servirebbero rivoluzioni ma solo un cambio di mentalità. Un percorso di rivalutazione e di incentivazione dei pellettieri, dei calzolai, dei falegnami, degli orologiai che in Francia hanno già iniziato. “I francesi che si incazzano”. Ma si organizzano. Vediamo di imitarli.