Economia Germania salvata dai profughi, Italia la peggiore

di Sergio Carli
Pubblicato il 13 Febbraio 2016 - 07:09 OLTRE 6 MESI FA
Economia Germania salvata dai profughi, Italia la peggiore

Economia in frenata, Padoan allarmato, ma la linea è “Allegria!”

FRANCOFORTE – Economia europea a rilento, Italia al pelo dello zero, + 0,1%, nel quarto trimestre 2015, un misero 0,7% su base annua, sotto il + 1% che tutti sognavamo, secondo i dati diffusi venerdì 12 febbraio 2016.

Il meglio della ripresa in Europa appartiene al passato, sentenzia il Wall Street Journal.
Peggio che in Italia, sono andati nell’ordine Lettonia, Austria (zero), Finlandia (-0,1%) e Grecia (-0,6%).Meglio di noi tutti gli altri, dalla capolista Estonia (+1,2%) al Portogallo (+0,2%).
La Germania, con uno 0,3% di crescita nell’ultimo trimestre e un anno a + 1,7%, va meglio di come tanti temevano ma conferma che tutto frena. Il quarto trimestre dice come una gestione “esce” da un anno e in proiezione entra nel prossimo. Se il quarto trimestre del 2015 è stato inferiore alle attese, vuole dire che il 2016 è partito col piede sbagliato. Aumentano le attese per nuove misure di stimolo della Banca Centrale Europea e tutti guardano a Draghi come al salvatore della patria.
Volete sapere perché la Germania è andata meno peggio di come sarebbe potuta andare? Merito dei profughi: un milione di migranti entrati in Germania nel 2015 ha fatto salire la domanda interna e questo ha compensato il calo delle esportazioni e della produzione dell’industria manifatturiera che, in tutto il mondo, trascina tutto il resto dell’economia.
Tutti sono preoccupati della nostra povera Italia. I risultati di oggi sono una delusione per Matteo Renzi, sfotte il Wall Street Journal. La deteriorata situazione della economia in Italia impone una stretta fiscale, prevede il Financial Times.
Come l’ha presa Renzi? Negando l’evidenza. Secondo lui, il Pil è cresciuto dell’1% tondo su base annuale, e non dello 0,7%. E poi, ha detto Renzi,
“deve essere chiaro che l’Italia è cambiata, è ripartita”.
Il Povero ministro della Economia, Pier Carlo Padoan, gli tiene il gioco. Vero è che quello che conta per la finanza pubblica (e per Bruxelles) è il dato ‘grezzo’ e che lo 0,7%
“è più basso della previsione del Governo”.
Ma, aggiunge,
“come si sa i decimali contano poco, l’importante è la direzione di marcia che è di crescita, dopo tre anni di profonda recessione, che è confermata e rafforzata nel 2016”.
E poi, scrive Silvia Gasparetto per la agenzia Ansa in un resoconto di ottimo e coraggioso, date le circostnze, giornalismo,
“al Tesoro comunque si attende il dato finale, che viene diffuso a marzo, convinti che una correzione al rialzo sia possibile. Ci sono dati che potrebbero far pensare ad una sottovalutazione delle stime Istat nei periodi di crisi: nel 2015 i consumi elettrici hanno segnato un +1,5%, il gettito è andato bene, i passeggeri sui voli sono aumentati del 4,5%, le presenze negli alberghi del 2,2%”.
Siamo sempre quelli che spezzeremo le reni alla Grecia e siamo anche un popolo di eroi di navigatori e di albergatori ma, come si sa, è l’industria che determina la crescita e sono i consumi interni che fanno salire il gettito fiscale, di cui la Repubblica Popolare Italiana ha disperatamente bisogno.

Dal mondo non arrivano segnali incoraggianti:

1. preoccupa lo stato di salute della economia della Cina, principale mercato delle esportazioni europee; le industrie italiane magari non esportano direttamente in Cina, ma forniscono componenti alle industrie tedesche che assemblano e poi esportano macchine utensili e impianti;

2. non sono buone le prospettive della economia Usa per crescita della produzione e della occupazione, tanto che potrebbero essere rinviati i previsti aumenti dei tassi di interesse;

3. se gli Usa non aumentano i tassi, il nostro euro potrebbe rivalutarsi contro il dollaro e le esportazioni dalla Europa potrebbero fermarsi.

Giustamente, Silvia Gasparetto scrive che

“è una professione di ottimismo, quella del Governo, non condivisa però dagli analisti, che parlano invece di dato deludente e sotto le attese, che con ogni probabilità porterà a una revisione al ribasso delle stime per il 2016, già in genere meno positive di quelle dell’esecutivo; (…) è dato da molti ormai per scontato che con il Documento di Economia e Finanza – che il governo presenterà ad aprile – il quadro macroeconomico dovrà essere ritoccato. Secondo i dati dell’istituto di statistica a pesare sulla bassa crescita congiunturale è “la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’industria” – con la produzione a dicembre che ha segnato un -0,7%, pur mantenendo un +1% sull’anno, primo segno più dal 2011 – e “di aumenti in quelli dell’agricoltura e dei servizi”.

Ed è la domanda interna (non solo consumi, ma anche investimenti e scorte) ad andare giù, mentre a trainare la crescita è l’estero. Al contrario della Germania.

Per completare il quadro, ecco la parabola dell’economia italiana, inquadrata nello scenario europeo dall’Ansa: dai ‘fasti’ del 2007 al baratro del 2009, passando per una ripresa bruciata nell’arco del successivo biennio. E poi la lunga recessione da cui il Paese è riemerso solo lo scorso anno.
I dati del Pil italiano, basati sulle stime dell’Istat, nella tabella che segue vengono messi a confronto con quelli dell’eurozona e dei principali Paesi europei.

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ANNO ITALIA GERMANIA FRANCIA SPAGNA GRECIA UK UE19
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2007     +1,5        +3,3 +2,4 +3,8 +3,3 +2,6 +3,1
2008      -1,0       +1,1 +0,2 +1,1 -0,3 -0,5 +0,5
2009      -5,5       -5,6 -2,9 -3,6 -4,3 -4,2 -4,5
2010      +1,7      +4,1 +2,0 0,0 -5,5 +1,5 +2,1
2011      +0,6     +3,7 +2,1 -1,0 -9,1 +2,0 +1,6
2012      -2,8     +0,4 +0,2 -2,6 -7,3 +1,2 -0,9
2013      -1,7      +0,3 +0,7 -1,7 -3,2 +2,2 -0,3
2014      -0,4     +1,6 +0,2 +1,4 +0,7 +2,9 +0,9
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2015 +0,6 +1,7 +1,1* +3,2* 0,0* +2,2 +1,6*
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* Stime previsionali dell’Ue uscite il 4 febbraio