Eni taglia dividendo e ferma il riaquisto di azioni proprie: crollo in Borsa

di Francesca Paggio (Ansa)
Pubblicato il 13 Marzo 2015 - 22:09 OLTRE 6 MESI FA
Eni taglia dividendo e ferma il riaquisto di azioni proprie: crollo in Borsa

Foto Ansa

LONDRA – Il crollo del prezzo del petrolio presenta il conto agli azionisti dell’Eni, costretti a digerire una sostanziosa riduzione del dividendo e lo stop al programma di .buyback (il riacquisto di azioni proprie n.d.r). La Borsa reagisce così con violenti ribassi, fino alla sospensione del titolo, che poi termina la seduta in caduta del 4,59%. Le brutte notizie sono arrivate da Londra, dove presentando il loro primo piano industriale dopo la nomina di aprile dello scorso anno, l’ad Claudio Descalzi e la presidente Emma Marcegaglia hanno dovuto prendere atto di una situazione di mercato senza precedenti, con il prezzo del petrolio che si è praticamente dimezzato rispetto allo scorso anno.

A farne le spese è innanzi tutto il dividendo, che per quest’anno scenderà da 1,12 euro a 80 centesimi, al di sotto delle attese degli analisti, che pure davano per scontata una sforbiciata. “Nel nuovo scenario di prezzi del petrolio, abbiamo ritenuto appropriato ribasare il dividendo per il 2015 in linea con i nostri obiettivi strategici”, ha spiegato Descalzi, che ha parlato di “scelta giusta”, che possiede una logica “a lungo termine” e che non è stata concordata con gli azionisti, Tesoro e Cdp in testa, ma discussa solo con il board che, per l’appunto, rappresenta proprio i soci.

I due azionisti pubblici, in ogni caso, si troveranno in cassa 350 milioni in meno, mentre il “buco” per tutti gli azionisti supererà il miliardo. Anche il buyback, con cui attraverso varie tranche l’Eni era arrivata allo 0,91% di azioni proprie, “è sospeso” e “si valuterà la sia riattivazione quando i progressi strategici e lo scenario di mercato lo consentiranno”. Da un punto di vista più strettamente operativo, il gruppo petrolifero si vede costretto a ridurre del 17% gli investimenti, che si aggireranno sui 48 miliardi di euro, ma viaggia comunque su numeri confortanti, con una produzione di idrocarburi stimata in crescita del 3,5%, con la previsione di nuove scoperte per 2 miliardi di barili e con un andamento positivo per raffinazione, gas e chimica.

Diverso il discorso per Saipem, che ha condiviso la cattiva giornata di Borsa chiudendo in flessione del 5,7%: l’Eni ha ribadito l’intenzione di vendere, ma solo quando le cose andranno meglio e, quindi, quando le condizioni di mercato lo consentiranno. Per questo, la controllata nell’ingegneria, sui cui futuri vertici Descalzi non si è voluto sbilanciare, non rientra nelle dismissioni per 8 miliardi che sono state annunciate oggi. Bocche cucite sulla lista delle società che rientreranno nel piano di cessioni, che lo scorso valeva 9 miliardi poi saliti a 11: di sicuro, nell’elenco figurano le quote residue di Snam e Galp, ma probabilmente anche un ulteriore 15% del megagiacimento in Mozambico, per il quale le discussioni sono “in stato avanzato” e che ha riscosso “molto interesse” .