Equitalia presenta conto ai Comuni: “Senza di noi perdete centinaia di milioni”

Pubblicato il 4 Novembre 2012 - 08:59 OLTRE 6 MESI FA
Equitalia

ROMA – Equitalia presenta il conto a governo e Parlamento e soprattutto lo presenta a quei comuni che ora, emendamento sui costi della politica approvato venerdì alla mano, pensano di non rinunciare ai servizi dell’agenzia di riscossione.

Senza il “lavoro sporco” del recupero crediti, infatti, secondo Equitalia, la perdita per i Municipi in termini di mancata riscossione sarebbe valutabile in alcune centinaia di milioni. Il tutto, scrive il quotidiano Repubblica  “senza contare i costi di struttura”. Il perché è presto detto: Equitalia andrebbe in qualche modo sostituita e quindi occorrebbero nuovi software, nuove  sedi locali. 

Equitalia replica ai Comuni, che attraverso l’Anci, le avevano imputato bassi livelli di riscossione. Sui tributi volontari, spiega Equitalia, gli incassi superano il 90% di quanto affidatole, mentre su quelli coattivi la media è del 50%, ma su questi pesano le ‘cartelle pazze’ su crediti richiesti dagli enti ma non più esigibili.

E poi c’è la “minaccia sottintesa di Equitalia”, minaccia figlia dei numeri. La società infatti al momento ha circa 8000 dipendenti. Di questi 1500 lavorano proprio per la riscossione dei crediti. Una quantità di persone difficile da ricollocare se Equitalia dovesse perdere la sua funzione “principale”.

Infine la questione alternativa: Equitalia andrebbe comunque sostituita. E come insegna la vicenda di Giuseppe Saggese, ad di Tributi Italia arrestato qualche settimana fa, è una scelta da fare con attenzione.

Secondo i dati in possesso di Anci-Riscossioni, una società dell’Associazione nazionale dei Comuni costituita da poco, i Municipi devono ancora incassare dai contribuenti circa 11 miliardi, cifra che Equitalia è chiamata a riscuotere per conto degli enti stessi.  Si tratta di una cifra consistente che alla luce dell’emendamento alle norme sui costi della politica approvato  dalla Commissione Affari costituzionali e bilancio della Camera – che libera i Comuni dall’obbligo di farsi riscuotere le tasse da Equitalia – potrebbe mandare in tilt gli enti locali facendo loro rischiare, se non recuperate tali somme, la detonazione dei bilanci.

Dal 2003, però, non esiste un rendiconto analitico delle riscossioni. ”In assenza di un quadro normativo certo – afferma Alessandro Gargani, amministratore delegato di Anci-Riscossioni – il rischio per i Comuni è molto forte. E’ una situazione che va svecchiata anche perché non si deve dimenticare che una efficace lotta all’evasione fiscale si fa anche attraverso un buon sistema di riscossione”.

L’Anci che nei prossimi giorni dovrà prendere una posizione rispetto al provvedimento che è comunque solo all’inizio, chiede una disciplina organica e trasparente con nuove norme. Basti pensare che la regola che dà ai sindaci solo la possibilità di ingiunzioni fiscali risale ad un regio decreto del 1910. Tra le questioni che dovranno essere chiarite vi è, per esempio, quale dovrebbe essere la formula di affidamento; i comuni chiedono poi che la riscossione coattiva avvenga con procedure uguali per tutti. Un problema che va risolto, inoltre, è costituito dall’impossibilità per i Comuni di accertare se chi è insolvente lo è per motivi reali (perché non ha soldi) o perché conta sull’inefficienza del sistema.

”Questa organizzazione – aggiunge Gargani – è un incentivo a non pagare”.  La via maestra per l’Anci è dunque la riforma ma i Comuni che si erano visti congelare i bandi dal decreto enti locali potrebbero ora riaprire le gare per la gestione diretta.   A fronte del problema di ricollocare mille dipendenti e perdere circa 90 milioni di euro (la società incassa l’8-9% delle riscossioni) resta il fatto che – affermano i Comuni – con una riscossione attenta e diretta gli incassi sarebbero più consistenti. Attualmente la riscossione cosiddetta coattiva arriva al 15-30% e il non incassato al 70-80%. Con un sistema nuovo quella coattiva potrebbe arrivare all’80-90% e il ”perso” solo al 2-3%.    Il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, cita sempre l’esempio della sua città dove con un sistema diretto si è passati dal 15-20% al 95% sui contributi per gli asili nido.