Il pasticcio “esodati”. Tutti contro tutti, Fornero, Inps, Ragioneria di Stato

di Warsamè Dini Casali
Pubblicato il 13 Giugno 2012 - 10:56| Aggiornato il 22 Giugno 2012 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’ultimo atto del pasticcio esodati è la mozione di sfiducia per il ministro Fornero chiesta da Di Pietro, al quale si accoda il segretario della Cgil Camusso che definisce intollerabile il suo comportamento. Riavvolgiamo il film. In principio erano i lavoratori in mobilità, quelli a carico di fondi solidarietà, gli ammessi alla contribuzione volontaria, tutti sulla base di accordi sottoscritti prima del 4 dicembre 2011. La prima versione della riforma delle pensioni firmata Elsa Fornero, del 6 dicembre 2011, li “salvava” dall’aumento dell’età pensionabile e dal sistema contributivo. Erano tanti, diciamo fino a un massimo di 160 mila persone, ma di risorse da impiegare per la loro salvaguardia c’erano solo 5 miliardi disponibili, sufficienti al massimo per un quarto di loro, appunto 65 mila lavoratori. Di più Mario Canzio, il Ragioniere dello Stato non avrebbe scucito, non per puntiglio, ma per un problema come la copertura finanziaria.

Solo dopo, con il decreto milleproroghe di febbraio e per la pressione di sindacati e partiti senza distinzione di maglia, la platea dei salvati aumenta a dismisura, altri 200 mila persone, coloro i quali si erano dimessi volontariamente prima del 31 dicembre 2011 con la speranza di andare in pensione con le vecchie regole entro il dicembre 2013. Sui media si impone il brutto termine “esodati”, termine tanto brutto quanto virale, al punto che “esodati”  finisce per descrivere chiunque rivendichi il diritto ad essere salvato. E sono una popolazione, quasi 400 mila anime. Il decreto milleproroghe sancisce che il decreto finale che stabilisce chi è salvato oppure no sia emanato il 30 giugno 2012. Mario Canzio vigila e non si fa incantare: il Ragioniere dello Stato fissa una clausola che in caso, a questo punto certo, di sforamento dalle stime iniziali, incrementa le aliquote dei contributi non pensionistici a carico dei datori di lavoro (disoccupazione, formazione).

Ne è venuto fuori un disastro anche per l’immagine di tecnica e competenza che, tutto sommato, era il miglior biglietto da visita dell’attuale governo. Al vertice dell’Inps il direttore generale Nori è in rotta con il superpresidente Mastrapasqua (non ha un cda che lo affianchi e limiti)  e infatti è abbastanza emarginato nella spinosa trattativa, ma è vicino (lo dice il Corriere della Sera) alla Cisl e diffonde dati che l’Ansa subito rigetta nella mischia. L’ispettore capo della Ragioneria di Stato per la spesa sociale Francesco Massicci non fa torto al suo nome e si oppone come un muro a Mastrapasqua che intende giocare la partita in prima persona.

Un problema antico e prevedibile, ogni riforma tende a un vantaggio universale sul lungo periodo, ma ha costi immediati che alcuni “sfortunati” scontano in prima persona. In breve abbiamo descritto l’evoluzione di un processo di riforma che, giunto a scadenza, si è rivelato un clamoroso pasticcio istituzionale, tecnico, politico. Tutti gli attori coinvolti ne escono con le ossa rotte, dal ministro Fornero che “licenzia” l’Inps, dai vertici dell’ente previdenziale in battaglia permanente con la Ragioneria dello Stato: dire che è mancato il gioco di squadra è un eufemismo pietoso. Numeri sparati a caso o ad arte, statistiche trattenute o fornite a comando, confusione e stress, un catena di errori lunga 7 mesi.

Per dire: Nori, il direttore generale Inps, “audizionato” in Parlamento, per dire quanti sono gli “esodati” spara la cifra di 130 mila. Fornero e Mastrapasqua, il presidente dell’Inps trasecolano e si infuriano: sono 130 mila per i prossimi quattro anni, quindi 65 mila nei primi due. Il problema, come al solito, riguarda l’interpretazione esatta delle norme. Per esempio: i lavoratori in mobilità con accordi sottoscritti entro il 4 dicembre sono in totale 45 mila: ma, per effetto degli scaglionamenti, solo due terzi di questi è adesso, fisicamente, in mobilità. Chi va considerato da salvare? E, quanti, specie tra chi ha scelto di andare in pensione prima è effettivamente senza stipendio e senza pensione, considerando la buonuscita contrattata? Intanto il decreto, già firmato, attende la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.