Fake news e Borsa: quando è falso il comunicato ma vera la truffa. 4 casi esemplari

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Giugno 2017 - 09:44 OLTRE 6 MESI FA
Fake news e Borsa: quando è falso il comunicato ma vera la truffa. 4 casi esemplari

Fake news e Borsa: quando è falso il comunicato ma vera la truffa. 4 casi esemplari

ROMA – Fake news e Borsa: quando è falso il comunicato ma vera la truffa. 4 casi esemplari. False segnalazioni di mercato, finti comunicati, annunci bufale, in due parole fake news: basta una notizia fraudolenta con qualche elemento di plausibilità per far crollare un titolo azionario permettendo a qualche operatore finanziario senza scrupoli di speculare alla grande e realizzare enormi guadagni.

In Borsa, da Wall Street a Piazza Affari, non si contano i casi clamorosi. Come i quattro raccolti dal Sole 24 Ore. Acquisizioni a sorpresa, indagini degli organi di vigilanza, licenziamento in tronco dei top manager: basta un finto comunicato stampa dai contenuti dirompenti per muovere titoli azionari anche del 400%.

2000. Emulex. In piena epoca di quella che si sarebbe chiamata “bolla Internet”, siamo nel 2000, due falsi comunicati stampa immediatamente rilanciati dalle agenzie di mezzo mondo mettono in ginocchio la società hi-tech californiana Emulex. Quotata a Wall Street, il suo valore azionario si è dimezzato in un’ora: al mercato era stato fatto sapere che la Sec (la nostra Consob) stava per aprire un’inchiesta e che l’amministratore delegato si era dimesso. Niente di più lontano dal vero, ma intanto gli investitori corsero a disfarsi delle azioni in possesso: chi sapeva, nel frattempo, realizzava stratosferici guadagni giocando al ribasso.

2012. Icoa-Google. E’ già nei manuali. Nel 2012 il piccolo provider wireless, Icoa, è una società di quelle che in gergo vengono chiamate “penny stock”: è quotata ma poco liquida. Di quelle cui i colossi guardano con vorace interesse.  Cosa c’è di meglio che diffondere la falsa notizia che Google sta per metterci le mani sopra? L’annuncio inventato dell’acquisizione (per 400 mln di dollari) fa volare il titolo, la smentita arriva ma il danno è fatto: sui mercati “over-the-counter” il valore di Icoa è salito del 400%. Lo stesso guadagno realizzato da chi ci ha speculato in anticipo.

2013. Fingerprint Cards-Samsung. Nel 2013 tocca a Samsung essere accostata a una società svedese di biometria la Fingerprint Cards. Stesso schema di Icoa: il falso annuncio dell’acquisizione da parte di un grande fa schizzare il valore azionario del piccolo. In questo caso il piccolo vale sul mercato 420 milioni di dollari, la falsa acquisizione è stimata a 650 milioni di dollari. Il titolo del piccolo sale in un amen del 50% (200 mln) e chi doveva ci ha guadagnato prima che il regolatore svedese staccasse la spina.

2016. Vinci. In questo caso il finto comunicato è opera di falsari digitali provetti. Nel 2016 viene comunicato che l’ad della società di costruzioni francese Vinci è stato licenziato in tronco per oscuri maneggi. Il crollo immediato raggiunge il 20% del valore totale di mercato. Vinci è un gigante ma i falsari hanno diffuso un comunicato via mail che rimanda al sito della stessa società: peccato che il sito fosse una copia perfetta di quello ufficiale.